search

nondovrebbefiniremai • Bristol

2023
Direzione sud-ovest dell’Inghilterra: Bristol
on the road Cornwall 03
Aereoporto di Bristol, noleggio auto, mappa, cominciamo da un libro.


La storia urbanistica della città di Bristol è raccontata accuratamente in un libro di Federica Angelucci, in un ampio studio sulla trasformazione del tessuto urbano in relazione ai mutamenti politici ed economici che si susseguono nel tempo. Ripercorrerne la storia degli adeguamenti del tessuto urbano e cittadino alle volontà dei sempre nuovi centri di potere economico e politico si rivela interessante esempio di come una realtà antica possa continuare a riflettersi, nelle sue dinamiche, in un presente dove ogni città o metropoli contemporanea è specchio delle sempre nuove e mutevoli gerarchie economiche e politiche. Il testo è corredato da una interessante iconografia storica di notevolissima qualità. Il lavoro di sintesi su Bristol tardomedievale prende le mosse da una approfondita ricognizione delle fonti bibliografiche e archivistiche, con una particolare attenzione per la cartografia storica. La grande quantità di studi, alcuni filologicamente assai dettagliati, prodotti dalla storiografia locale (tra i quali va segnalato l'atlante storico) non aveva fino ad oggi considerato con cognizione di causa lo sviluppo urbanistico nelle sue caratteristiche progettuali. Partendo dal più antico insediamento caratterizzato da una "croce di strade" (purtroppo in parte scomparsa a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale e dei successivi Piani di ricostruzione), Federica Angelucci ha seguito in ogni particolare sia le trasformazioni interne che le notevoli espansioni consolidatesi tra XIII e XV secolo. Di particolare significato appaiono, come di consueto, le localizzazioni degli edifici ecclesiastici, che sono costantemente riferite ad un diretto rapporto con il centro cittadino. Anche l'andamento dei corsi d'acqua è stato oggetto di una approfondita revisione e sono state fatte proposte ricostruttive alternative rispetto a quelle avanzate dalla storiografia locale. L'evoluzione dei tessuti urbani segue anche a Bristol i modelli diffusi in campo europeo, con il passaggio da strade curvilinee a strade rettilinee, e le rettifiche - finalizzate all'ampliamento della sede viaria e al miglioramento della visibilità a distanza - applicate ai tracciati più antichi. Sono state poi affrontate due tematiche specifiche: il vedutismo cinque-seicentesco e gli aspetti metrologici. Basandosi su una fonte quattrocentesca assai particolareggiata e unica nel suo genere, l'autrice ha potuto verificare sul campo l'uso di particolari unità di misura impiegate nella descrizione di Bristol e di altre città inglesi. Si tratta di misurazioni sistematiche, anche se spesso condotte con metodi artigianali e con personali approssimazioni, di tutti gli spazi pubblici interni all'insediamento: un lavoro utilizzabile a diversi fini e confrontabile con altre più sintetiche fonti tardomedievali europee e italiane, ma non tradotto nell'immediato in rappresentazione planimetrica. Siamo certi che questo volume sarà accolto con attenzione ed interesse dalla storiografia anglosassone, tradizionalmente legata agli aspetti analitici e metodologici della ricerca, alla comparazione a vasto raggio e alla concretezza dei risultati.
Bristol è una città sviluppatasi su entrambe le rive del fiume Avon, nell'Inghilterra sud-occidentale, una delle città più stimolanti d’Europa. Appena si arriva in centro si respira tutta la contemporaneità mescolata al suo passato di città portuale ricca di storia, quello che un tempo era il porto in centro è diventato un polo culturale denominato Harbourside, con il museo M Shed a illustrare il patrimonio sociale e industriale locale. All'interno dei magazzini portuali del XIX secolo sono allestiti ristoranti, negozi e istituzioni culturali, gallerie d'arte contemporanea, i giovani passeggiano tra vecchie rotaie, leggono un libro al canto dei gabbiani o seduti al tavolo di un caffè in un Cargo, con in lontananza la cattedrale e i tetti colorati. Una città che regala nell’attraversare le sue strade un’architettura georgiana, una tradizione portuale e soprattutto una graffiante street art che si scopre passo dopo passo, in pieno centro perdendosi tra strade e vicoletti, tra piccoli caffé, librerie e pub tradizionali.

Harbourside e Wapping Wharf, il porto di Bristol
Maestose con la folla che a bordo era pronta a partire, le navi dirette in Irlanda, America nel Nord e Canada. Questa era Bristol fino al 1800, snodo centrale nella triste tratta degli schiavi. Rivestì una certa importanza durante i viaggi esplorativi del XV e XVI secolo. Nella narrazione moderna che riguarda l’era delle grandi esplorazioni oceaniche si sente spesso parlare (per giusti e ovvi motivi) di Colombo, Magellano e Vespucci; ma coloro che oggi consideriamo “grandi esploratori” rappresentano solo una parte della storia. I grandi viaggi oceanici sono stati resi possibili non solo dalle figure di spicco che hanno dato nomi a regioni o interi continenti, ma anche da marinai comuni, armatori sconosciuti e persone che per sbarcare il lunario erano costrette a seguire gli spostamenti del pesce, spingendosi verso mari ignoti e terre mai toccate da piede europeo. Intorno al XIII secolo Bristol iniziò a diventare un porto marittimo di una certa rilevanza: il vino francese, le spezie orientali e la lana proveniente dall’Europa settentrionale rappresentavano le principali mercanzie che transitavano per il porto, ma all’inizio del XV secolo il merluzzo iniziò a diventare fonte di grossi guadagni. Il merluzzo pescato in Islanda dai marinai di Waterford e Cork, congelato in blocchi solidi (stoccafisso) facili da trasportare e da conservare, raggiungeva Bristol e veniva smistato in tutta Inghilterra scambiandolo con vestiti, alimenti non presenti in Irlanda e metalli. Tra il XIV e il XV secolo secolo, la città di Bristol era considerata la terza città più popolata d’Inghilterra, dopo Londra e York, con circa 15-20.000 abitanti quasi totalmente impegnati, direttamente o indirettamente, nel commercio via mare. Il commercio lungo le rotte atlantiche vedeva coinvolti almeno 250 mercanti di Bristol, che quotidianamente venivano a conoscenza di nuove rotte marittime, nuove opportunità da sfruttare e storie leggendarie che circolavano tra i marinai dell’epoca. William Canynge, il primo grande mercante di Bristol, fu per cinque volte sindaco della città e possedeva una flotta di 10 navi e 800 marinai totalmente impegnata nel commercio di vino e di merluzzo. Un altro colpo per l’economia di Bristol che spinse i commercianti della città a cercare nuove rotte marittime fu la cattura di Costantinopoli da parte dell’Impero ottomano nel 1453. Costantinopoli rappresentava il fulcro dei traffici di spezie tra Europa e Asia, ma l’arrivo dei Turchi vide l’applicazione di nuove e pesanti tasse sulle esportazioni verso Ovest. I marinai di Bristol ritenevano possibile circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Asia, o che esistesse una rotta verso Ovest per raggiungere il Cipango (Giappone) e il Catai (Cina). Si tratta di idee del tutto analoghe a quelle che motivarono Cristoforo Colombo ad intraprendere l’attraversata dell’Atlantico: il celebre esploratore approdò nel 1476 proprio a Bristol, dove potrebbe aver assorbito i racconti dei marinai inglesi che avrebbero costituito le fondamenta del suo primo viaggio esplorativo. Spingendosi verso i mari sud-occidentali in cerca di pesce, di nuove rotte marittime e di località con cui intrattenere interessanti rapporti commerciali, i marinai di Bristol potrebbero aver raggiunto le Americhe qualche anno prima del primo viaggio di Colombo. Il primo inglese a condurre una spedizione in Nordamerica potrebbe essere stato William Weston, un mercante di Bristol che tra il 1499 e il 1500 posò piede sul suolo canadese. E’ possibile che Weston possa essere stato membro dell’equipaggio di Caboto nel 1497, anno in cui si svolse la prima spedizione europea nell’ America settentrionale (se escludiamo i viaggi norreni di 500 anni prima). William Wenton lavorò a bordo della Trinity, una delle navi di Bristol che partecipò alla spedizione verso Hy-Brasil nel 1480. La licenza per la missione esplorativa di Weston del 1499 sembra essere legata alla spedizione di Caboto, per cui è molto probabile che l’esploratore di Bristol fosse un compagno di viaggio, se non addirittura un amico, del viaggiatore veneziano. La data esatta del viaggio esplorativo di Weston non è nota, anche se l’ipotesi dominante è che sia iniziata un anno dopo dal ritorno di Caboto. La destinazione raggiunta dalla spedizione è sconosciuta, ma sappiamo per certo che nel 1500 Weston fu ricompensato dal re con una somma di 30 sterline “per le spese sostenute durante la ricerca di nuove terre”. Lo storico inglese Alwyn A. Ruddock ha sostenuto che Weston possa essersi spinto in profondità nell’Atlantico nord-occidentale, probabilmente raggiungendo la Baia di Hudson, località che riceverà il suo nome solo oltre un secolo dopo, nel 1610, quando Henry Hudson la raggiunse a bordo del veliero Discovery.

Oggi il porto di Bristol è un’area vivace e riqualificata, ricca di attività, il nuovo quartiere Wapping Wharf con i vecchi container navali di Cargo. C’è contemporanietà, gioventù, si respira freschezza, si sente il profumo del pesce fresco impanato e fritto, la storia è passata, lontana, ma non si dimentica, fa parte di quel presente, e al primo attimo di silenzio, senti tutte le vecchie voci di esploratori, viaggiatrici, gente comune che da li è passata, ha vissuto, ha sognato. Il museo M Shed: racconta la storia di Bristol attraverso una serie di installazioni interattive. All’interno si trovano anche un accogliente café – perfetto nelle giornate di pioggia – e l’opera di Bansky Grim Reaper, di cui ti parliamo più avanti. Verso Spike Island e Bristol Marina, si rimane colpiti dai colori vivaci delle case affacciate sul porto. Qui si trova anche la nave museo SS Great Britain, transatlantico a vapore varato nel 1843 che collegava Bristol a New York. A Bristol sono stati scoperti frammneti dei manoscritti della famosa leggenda di mago Merlino, tra i più antichi. I frammenti contengono un passaggio della sequenza di testi in francese antico conosciuta come il Ciclo della Vulgata o Ciclo Lancillotto-Grail, che risale agli inizi del XIII secolo. Parti di questo Ciclo potrebbero essere state usate da Sir Thomas Malory (1415-1471) come fonte per il suo Le Morte Darthur (stampato per la prima volta nel 1485 da William Caxton), che è a sua volta il principale testo di partenza per molte narrazioni moderne della leggenda arturiana in inglese. “La maggior parte dei manoscritti del testo noti per essere stati in Inghilterra nel Medioevo sono stati composti dopo il 1275, quindi questo è un esempio particolarmente precoce, sia dei manoscritti della Suite Vulgata in generale, ma soprattutto di quelli noti per aver trovato la loro strada in Inghilterra dalla Francia nel Medioevo”. Gli eventi iniziano con Artù, Merlino, Gawain e altri cavalieri assortiti, tra cui Re Ban e Re Bohors che si preparano alla battaglia a Trebes contro Re Claudas e i suoi seguaci. Merlino sta studiando il miglior piano d’attacco. Segue una lunga descrizione della battaglia. Ad un certo punto, le forze di Artù sembrano assediate ma un discorso di Merlino che li esorta ad evitare la codardia li porta a combattere di nuovo, e Merlino guida la carica usando lo speciale stendardo di drago di Sir Kay che Merlino aveva regalato ad Artù, che sputa fuoco vero. Alla fine, le forze di Artù sono trionfanti. Re Artù, Ban e Bohors, e gli altri cavalieri, sono alloggiati nel castello di Trebes. Quella notte Ban e sua moglie, la regina Elaine, concepiscono un bambino. Elaine fa poi uno strano sogno su un leone e un leopardo, quest’ultimo sembra prefigurare il figlio che Elaine deve ancora nascere. Anche Ban fa un sogno terrificante in cui sente una voce. Si sveglia e va in chiesa. Ci viene detto che durante il soggiorno di Artù nel regno di Benoic per il mese successivo, Ban e Bohors sono in grado di continuare a combattere e sconfiggere Claudas, ma dopo che Artù parte per occuparsi delle questioni nelle sue terre, Claudas è di nuovo trionfante. La narrazione si sposta poi alla parziale spiegazione di Merlino dei sogni di Ban ed Elaine. In seguito, Merlino incontra Viviane che desidera sapere come addormentare le persone (desidera farlo ai suoi genitori). Merlino rimane con Viviane per una settimana, apparentemente si innamora di lei, ma resiste a dormire con lei. Merlino torna poi a Benoic per ricongiungersi ad Artù e ai suoi compagni. Il professor Tether ha aggiunto: “Oltre alle eccitanti conclusioni, una cosa che l’intraprendere questo studio, l’edizione e la traduzione del Merlino di Bristol ha rivelato è il valore incommensurabile della collaborazione interdisciplinare e trans-istituzionale, che nel nostro caso ha forgiato un modello olistico e completo per studiare i frammenti di manoscritti medievali che speriamo possa informare e incoraggiare il lavoro futuro nel campo”. “Ci ha anche mostrato il grande potenziale delle collezioni locali di manoscritti e libri rari a Bristol, in particolare nella Biblioteca Centrale dove ci sono molti altri frammenti di manoscritti non identificati che aspettano di essere scoperti.

St Nicholas Market
Il St Nicholas Market è il più antico e amato mercato di Bristol. Sotto la volta del Glass Arcade lo street food regna sovrano, con cucina etnica da tutto il mondo. Dalle vetrate in alto la luce entra come una voce divina che rende il cibo qualcosa di mistico dove tutti s'incontrano senza barriere, solo scoperta.


La storica via Christmas Steps: scorcio unico della città. Ripidi gradini si inerpicano tra due strette ali di edifici, barber shop e atelier d’artisti, salendo fino alla cima della scalinata basta voltarsi e accorgersi di quanto questa piccola viuzza diventi uno scorcio incantevole dove la vita trascorre come il luccichio di una lampadina accesa di giorno in attesa di splendere come una lanterna di un veliero di notte...


atlante infinito
diario visivo del viaggio

bristol_A35.JPGbristol_A11.JPGbristol_A20.JPGbristol_art10.JPGbristol_A36.JPGbristol_A28.JPGbristol_A38.JPGbristol_art0.JPGbristol_A67.JPGbristol_A69.JPGbristol_A3.JPGbristol_art1.JPGbristol_art8.JPGbristol_art12.JPGbristol_art11.JPGbristol_art19.JPGbristol_art20.JPGbristol_art22.JPGbristol_art21.JPGbristol_art24.JPGbristol_art26.JPG

nondovrebbefiniremai • Feminas de Judu: incontri in terra

date » 25-08-2024 21:40

permalink » url

2022
Un Volkswagen degli anni 70’, strade meno battute della Sardegna e un pezzo di terra e di tradizione da scoprire tra Argentiera e Alghero. Quando a bordo del furgoncino decidemmo di attraversare paesaggi mozzafiato che si alternavano tra colline e coste rocciose su un mare incantevole, sapevamo che prima o poi ci saremmo imbattute in una nuova storia da raccontare. Tra le rovine della miniera di Argentiera, un'importante fonte di piombo e zinco nel XIX secolo, zaini in spalla e sguardi curiosi, ci perdemmo nei vicoli stretti della cittadina, pronte a scoprire la magia della Sardegna. La zona era stata abitata da comunità di minatori, in uno scenario intrinseco di fatica a pochi passi dal mare, fu qui che incontrammo una Feminas de Judu. Le feminas de Judu erano donne sagge, fautrici della tradizione orale e depositarie di antichi saperi. Rispettate nella comunità, padroneggiavo racconti popolari, leggende e pratiche culturali, custodi zelanti delle tradizioni locali, nei piccoli villaggi dell'entroterra, tramandano abilità e storie di generazione in generazione, nelle cucine preparano autentiche delizie locali, dai formaggi pecorini al porceddu, sono maestre culinarie che tramandano ricette segrete e sapori intensi. La vita nella Sardegna rurale è spesso caratterizzata da una stretta connessione con la terra. Le donne sarde, con il loro lavoro nei campi e la cura del bestiame, incarnano la forza e la resilienza che caratterizzano la vita in questo angolo affascinante di mondo. Nelle comunità costiere, sono spesso legate al mare, siano esse pescatrici o donne che gestiscono piccoli negozi di pesce, la loro vita è intrecciata con le onde e la cultura marina, nel cuore delle montagne, invece, condividono la loro conoscenza delle terre selvagge dell’isola. Ad Argentiera ci fermammo in un piccolo bar sul mare per una breve sosta e il barista intento a chiacchierare con un cliente abituale, faceva riferimento alla tempra di una donna del posto conosciuta da tutti nella piccola comunità, una donna che se anche aveva perso il marito in miniera anni prima, era riuscita a portare avanti la famiglia con una tempra ed un rigore tipico delle donne sarde, tipico di una Feminas de Judu. Avevamo trovato la nostra storia. Decidemmo di cercarla, immaginando che potesse condividere con noi la sua vita e un pò del suo prezioso tempo. Antonio, il barista, ci indicò il sentiero tortuoso da seguire che ci avrebbe condotto in una tipica casa tradizionale sarda. Con discrezione bussammo alla porta e ad accoglierci ci furono gli occhi di Maria Maddalena, questo il nome della donna che avevamo di fronte, bastarono poche parole sull’uscio, lei ci sorrise facendoci cenno di entrare, capendo immediatamente la nostra sete di storie. Nella sua cucina accogliente si sentiva profumo di buono, ci sedemmo mentre continuava a preparare un pranzo ricco di sapori locali. Tagliava verdure fresche, mescolava ingredienti segreti in una pentola fumante e copriva il pane caldo. Mentre si muoveva tra i suoi utensili, raccontava storie di quando era giovane, antiche tradizioni sarde e di come la vita sull'isola si era trasformata nel corso degli anni. Ascoltavamo incantate, immaginandoci nei suoi racconti tra feste nei villaggi, canti tradizionali, storie di amore e di lotta. La sua cucina divenne il cuore di tutto, un connubio tra il gusto autentico della tradizione gastronomica e la ricchezza delle storie narrate. Tra bocconi di formaggio pecorino, pane carasau e zuppa di fregola, condividemmo risate e racconti di viaggio, creando un legame speciale che solo le storie e la condivisione di cibo possono creare. Quando il pranzo giunse alla fine, ringraziammo Maria Maddalena per il suo calore e la sua generosità, promettendo di portare con noi non solo i sapori della Sardegna, ma anche le storie incantevoli di quella giornata indimenticabile. Con i cuori pieni e le borse ancora più pesanti di ricordi, riprendemmo il nostro cammino, consapevoli che avevamo scoperto un tesoro prezioso nelle storie e nei sapori di Maria Maddalena. Pochi passi e ritrovammo il nostro furgoncino pronto a condurci al prossimo incontro che quel viaggio avrebbe deciso di donarci.

Felisia

atlante infinito
diario visivo del viaggio

IMG_4426.jpgIMG_4427.jpgIMG_4425.jpg

nondovrebbefiniremai • Valeggio sul Mincio e i suoi nodi d'amore

date » 25-08-2024 22:35

permalink » url

tags » felisia toscano, maria di pietro, valeggio sul mincio, veneto, taccuino, nodi d'amore,

2021
Nel cuore del Veneto, Valeggio sul Mincio si presenta come uno scrigno nascosto, affacciato sul fiume Mincio è famoso non solo per i suoi paesaggi ma anche per una specialità culinaria unica: i "Nodi d'Amore". Questa pasta ripiena, fatta a mano con maestria, è un'autentica delizia che riflette l'amore per la cucina tradizionale, la forma di questi nodi è un omaggio all'arte della pasta fresca, preparata con ingredienti di alta qualità e con passione tramandata di generazione in generazione. Le maestre pastaie svelano i segreti della preparazione, le mani esperte plasmano la pasta con naturalezza, creando vere poesie culinarie... è proprio qui che conosciamo Giulia. Custode della tradizione culinaria tramandata di generazione in generazione, la sua storia è intrecciata con quella dei "nodi d'Amore", cresciuta tra il profumo avvolgente della pasta e le risate delle donne della sua famiglia, ha un laboratorio artigianale, un luogo dove la tradizione si fonde con l'innovazione, proprio qui quando arriviamo la troviamo che sorride dinanzi ad una scena di altri tempi. Nonna Francesca, sua madre, con i capelli grigi raccolti in uno chignon e un grembiule a fiori è affiancata dalla sua adorabile nipotina, Sofia che guarda con occhi pieni di curiosità la nonna preparare la pasta fresca. Farina, uova e carne per il ripieno non possono mancare e nonna Francesca spiega amorevolmente a Sofia l'importanza di lavorare la pasta con dedizione e passione. Le mostra come formare un vulcano di farina con un cratere perfetto al centro, pronto ad accogliere le uova. Guida le sue mani piccole ma desiderose, mentre Sofia imita ogni mossa con attenzione, creando una connessione speciale tra le generazioni. Il momento più bello è quando si chiudono i "nodi", Francesca racconta che ogni piccolo gesto è un atto d'amore. Quella scena intrisa di amore e tradizione è un legame che intreccia il passato, il presente e il futuro della famiglia. Attraverso il suo impegno, Giulia vuole condividere la bellezza di questa tradizione con il mondo, preservandola per le generazioni future. I suoi prodotti artigianali, confezionati con cura, diventano ambasciatori di una cultura culinaria unica. I ristoranti di Valeggio sono veri templi della cucina locale, i luoghi perfetti dove deliziarsi con piatti a base di nodi d'Amore, preparati con salse ricche e sapori avvolgenti. Lungo il Mincio il profumo dei fiori e il suono dell'acqua scandiscono i passi del nostro cammino, tra i vicoli di questo borgo i laboratori artigianali raccontano e mantenengono nel tempo una storia di autenticità e tradizione.

Felisia

atlante infinito
diario visivo del viaggio

image.php.jpegIMG_2997.jpgIMG_2998.jpg

nondovrebbefiniremai • Olivier e i fotogrammi di Bonnieux

2019
Nel cuore di uno dei più bei borghi provenzali, in una calda giornata d’estate ci siamo imbattute in un incontro che ha reso la nostra scoperta ancora più entusiasmante, quello con Olivier Roche, un uomo in missione che porta avanti il sapore della malinconia del cinema di una volta. Olivier Roche è uno sceneggiatore, viaggiatore itinerante e collezionista di tutto ciò che riguarda i fumetti e i vecchi film, ed è entrando nel suo negozio che abbiamo avuto il piacere di conoscerlo mentre sistemava vecchi vinili. Nel silenzio che precede le ore calde del primo pomeriggio, mi salta all’occhio una copertina di un vinile Le Monde entre mes bras, chiedo di poterlo ascoltare e sorridendomi Olivier prende un vecchio giradischi e lo accende per l’occasione. Oltre il suono delle cicale e Tom e Jerry che ci guardano dal davanzale, ascoltiamo le prime tracce, decido di comprarlo anche solo per il titolo che mi piace molto, scopro solo in seguito facendo una ricerca che Romain Didier, vero nome Didier Petit, è un cantante francese, cantautore che scrive canzoni anche per altri artisti, di origini italiane (nasce a Roma, a Villa Medici, nel 1949 durante una residenza di suo padre, Pierre Petit direttore dell'École normale de musique de Paris e di sua madre, Christiane Castelli, cantante all'Opéra Garnier).
Vecchie locandine del cinema italiano e francese, fumetti, Mastroianni alla parete, il manifesto di Madame Miniver e tanto altro in questo scrigno di storie che Olivier ha creato dopo dieci anni a Parigi, tornando nel Luberon. Oltre al suo negozio, porta avanti la sua passione per la scrittura e la poesia, è un sognatore “Ho sempre scritto e disegnato. Sono cresciuto nella natura selvaggia di Sivergues, dove ho avuto un'infanzia meravigliosa: non avevamo né televisione né telefono e non sentivamo nemmeno il bisogno di averne perché interpretavamo le nostre rappresentazioni teatrali nel fienile o costruivamo le nostre capanne. Mia madre era una pittrice, mio padre insegnava le lingue classiche e costruiva due delle sei case del villaggio. Questo è il motivo per cui non abbiamo fatto la differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.” Dopo gli studi alle Belle Arti di Avignone, si trasferì a Parigi dove lavorò come sceneggiatore per il cinema e la televisione ed entrò così nella scena artistica. “La vita parigina sembra gloriosa ma non lo è per la sua longevità. L'arte ruota intorno alla redditività, il che significa che si finisce per perdersi per sopravvivere. Vent'anni fa stavo tornando nel Luberon: e con l'arrivo di internet potevo scriverci pacificamente e finire tutto con uno schiocco di dito.” Mentre esercitava le sue varie attività, Olivier Roche scrisse un thriller: “La Course”, basato sul primissimo Tour de France nel 1903, vinto da Antoine Blondin. Fondò anche Cinémanouche, una sorta di cinema mobile che passava di villaggi in villaggi. 'Prima che ci fossero veri cinema, le manouche e gli zingari facevano la stessa cosa: compravano le bobine di film e passavano da villaggi a villaggi per fare dimostrazioni. Quando i tedeschi fecero bruciare Metropolis insieme ad altri capolavori, gli zingari salvarono in qualche modo il patrimonio cinematografico. Quindi è una tradizione che spero di continuare a onorare...”
Olivier si lascia accarezzare dalle colline che si vestono di lavanda, dal tempo sospeso, custodendo un piccolo universo fatto di celluloide, carta ingiallita e sogni. La sua boutique d'antiquariato è un vero e proprio scrigno di meraviglie. Tra le mura di pietra, vecchie locandine di film francesi e italiani ci accolgono con un'aura di nostalgia. Bobine di pellicola, fumetti d'epoca e ritratti di dive del passato sembrano sussurrare storie di un tempo lontano. Al centro di tutto, un'icona del cinema muto: Charlie Chaplin, con il suo sorriso malinconico, sembra vigilare su questo piccolo museo del cuore. Nel suo negozio, Olivier non è solo un antiquario, ma anche un mentore. Accoglie con calore noi viaggiatrici che varchiamo la soglia, condividendo aneddoti e passioni, le stesse sulle ali della libertà. Tra le pagine di un libro antico o davanti a uno schermo che proietta un film d'autore, si creano legami profondi, si intrecciano storie di vita. La vera sorpresa è quando Olivier ci invita a vedere la sua vecchia Citroen che utilizza per proiettare vecchi film, come anche dopo il tramonto assistere alle proiezioni di vecchie pellicole di cartoni animati, dove sedute sugli scalini fuori il suo negozio, in compagnia non solo di bambini, ma di tante anime sognatrici ci si ferma per trascorrere una serata speciale e ricca di spensieratezza, proiettando desideri tra la luce delle stelle.


atlante infinito
diario visivo del viaggio

olivier00001.JPGolivier00007.JPGolivier00002.JPGolivier00003.JPGunnamed.jpgolivier00004.JPGolivier00005.JPGolivier00006.JPGolivier00008.JPGolivier00009.JPGolivier00010.JPGolivier00011.JPGolivier00012.JPGolivier00015.JPGolivier00016.JPGolivier00017.JPGolivier00018.JPGolivier00020.JPGolivier00021.JPGolivier00013.JPGolivier00022.JPG

nondovrebbefiniremai • Storie di donne che intrecciano la tradizione a Nazarè

2017
La tradizione popolare racconta che in passato, per ogni giorno di attesa le donne indossassero un gonnellino che sovrapposto a quello del giorno precedente formava una gonna piuttosto vistosa e decisamente molto spessa e pesante. Sette gonne come i giorni della settimana, come le virtù e come le onde consecutive dell’Atlantico, che si infrangono prima di acquietarsi per poi riprendere il loro moto ciclico scandito dal tempo. Donne vestite di nero con in mano il tempo, l’attesa.

Sulla costa di Nazarè, in Portogallo, c'è un antico rito che si svolge ogni giorno, donne coraggiose si radunano sulla spiaggia, pronte a lavorare con la forza del mare e la sapienza tramandata di generazione in generazione. Indossano sette gonne, tutte nere, a rappresentare i sette giorni della settimana, si chiamano "Sete Saias" e sono donne forti e grintose di questo angolo di mondo che raccontano tradizione e risolutezza. Custodi di antichi segreti e arti, passati di madre in figlia attraverso generazioni, rendono omaggio alla loro identità portoghese. Raccontano storie di mare, di pesca e di amore, preservando la storia di Nazaré in ogni gesto, dando a questo luogo con le sue onde spettacolari un valore autentico oltre la possibilità di vivere un'esperienza nella bellezza delle sue spiagge. Le tessitrici di storie, così le chiamiamo, sono un esempio vivido di come la tradizione possa essere una forza dinamica, sempre pronta a evolversi e ad ispirare. Mentre passeggiamo i nostri occhi incrociano quelli di una donna adulta che riflettono l'oceano, il suo nome è Beatriz. Tessitrice di storie, ha dedicato la sua vita a preservare e tramandare le antiche tradizioni a pochi passi dall'oceano, lavorando con pazienza e dedizione. Il suo lavoro è essiccare le sardine pescate dai coraggiosi pescatori di Nazarè, preservando la tradizione che lega la comunità al mare, il suo volto resiste al vento salmastro come rocce che sfidavano le onde. Il vento sventola le sue gonne nere mentre lavora, e il suo passo è misurato come il rumore dell'acqua sulla riva, mentre i suoi occhi si riempiono dell'immensità dell'oceano. Ci racconta di aver passato tutta la sua vita sulla spiaggia, imparando i segreti e il ritmo delle maree da sua nonna di cui ricorda le mani sempre impregnate dell'odore di sardine. Il racconto della sua storia ci catapulta in un'altra dimensione, le sette gonne che indossa sono la rappresentazione del suo legame con il mare e con il passare del tempo, la sua naturalezza nei gesti mentre lavora crea un legame speciale tra noi e la tradizione di Nazarè e ci rende, ancora una volta, custodi di una nuova storia.

Felisia

atlante infinito
diario visivo del viaggio

NAZARE_27.JPGNAZARE_5.JPGNAZARE_3.JPG

search
ITA - Informativa sui cookies • Questo sito internet utilizza la tecnologia dei cookies. Cliccando su 'Personalizza/Customize' accedi alla personalizzazione e alla informativa completa sul nostro utilizzo dei cookies. Cliccando su 'Rifiuta/Reject' acconsenti al solo utilizzo dei cookies tecnici. Cliccando su 'Accetta/Accept' acconsenti all'utilizzo dei cookies sia tecnici che di profilazione (se presenti).

ENG - Cookies policy • This website uses cookies technology. By clicking on 'Personalizza/Customize' you access the personalization and complete information on our use of cookies. By clicking on 'Rifiuta/Reject' you only consent to the use of technical cookies. By clicking on 'Accetta/Accept' you consent to the use of both technical cookies and profiling (if any).

Accetta
Accept
Rifiuta
Reject
Personalizza
Customize
Link
https://www.fotografiaminuteraitinerante.it/taccuino_di_viaggio-d

Share on
/

Chiudi
Close
loading