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nondovrebbefiniremai • E il vento dell'Ovest, rideva gentile

2023
on the road Cornwall 02

Respirare un po’ di Inghilterra,
tre le proprietà delle vecchie famiglie, cottage e case inglesi, con le sue poltrone alle finestre a guardare il mondo che fuori si confonde tra le dimore storiche circondate dai giardini, e spruzzi di vernice ai muri che raccontano storie presenti. I suoi villaggi di pescatori: scendere lungo le valli dai pendii ripidi, dove case di pietra con tetti di paglia profumano di oceano, pescatori seduti sui muretti in granito a sistemare reti mentre qualche gabbiano posa su qualche finestre rovinata dal tempo. Perdersi lungo tutta la costa seguendo le viuzze più strette per raggiungere i porticcioli antichi,talmente stretti che bisogna essere piccoli piccoli come un folletto, e d’improvviso vasti paesaggi dove si odono canti di fate con il vento che accarezza elicrisio e ginestre, con i fili d’erba che danzano sulle rovine di vecchie miniere… Fermarsi al tramonto in un vecchio pub dove si versa birra ad ogni grassa risata, a raccontare le leggende di Re Artù, tra Tintagel e Camelford, il più ubriaco racconta di essere entrato nella grotta di Merlino, mentre una donna prova a spiegare il rumore delle onde mentre un pirata nascondeva del rum… E non capire se quella marea ti salva o ti fa annegare… ascoltare la storia del gigante Cormoran al St Michael’s Mount che cerca il suo cuore di pietra sul lastricato che conduce alla fortezza. Come poter annegare se l’acqua è un lenzuolo di sale che copre i sogni, con la luce calda dei tramonti ogni sera e con quella fresca dell’alba al mattino….
Accarezzare la vita che si muove più lentamente che altrove, ed è dolce. Almeno ora, qui.
Raggiungere la cima delle scogliere sulla costa ovest, dove tutto sembra finire, ma è il luogo dove tutto stringe, vento, aria, fuoco, acqua, l’oceano maestoso sembra una piccola goccia quando s’infrange con le onde ed abbraccia le scogliere.


atlante infinito
diario visivo del viaggio

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nondovrebbefiniremai • Cornwall: tra fate, folletti, panna montata e brughiere

2023
On the road Cornwall 01

Il Poeta Samuel Minturn Peck nel suo poema The Pixies scrive:
“Si dice che le loro forme siano ancora minuscole, tutti i mali umani possono sottomettere… con una bacchetta o un amuleto possono conquistare ogni cuore…” La poetessa inglese del tardo novecento Nora Chesson nel poema intitolato The Pixies scrive: “Hai mai visto i Pixies, l'ovile non benedetto o bandito? Camminano sulle acque, navigano sulla terra, rendono più verde l'erba dove cadono i loro passi, la cerva più selvaggia della foresta risponde al loro richiamo. Rubano dai linney imbullonati, mungono la chiave dell'erba, le cameriere vengono baciate durante la mungitura e nessuno le sente passare.Volano dalla stalla alla stalla e cavalcano puledri intatti, cercano amanti umani per conquistare le loro anime.I Pixies non conoscono il dolore, i Pixies non provano paura, non si preoccupano del raccolto o del periodo della semina dell'anno.L'età non li tocca, il tempo della mietitura passa, ma i Pixies non cambiano… Chesson accenna a tutte le caratteristiche basilari, includendo anche le più moderne. I pixie sono esseri "a metà", non maledetti da Dio o benedetti. Loro fanno l'imprevedibile, benedicono il territorio e sono creature della foresta che altre creature selvagge trovano affascinanti e che non spaventano.

Amano gli umani, prendendone alcuni per compagni e sono quasi immortali, sono alati e volano di posto in posto.
Piccole creature mitiche del folclore britannico, le cui caratteristiche assomigliano a quelle dei folletti e delle fate, con le loro storie sono diffuse nel sud-ovest dell'Inghilterra, nelle regioni del Devon e della Cornovaglia. Nelle raffigurazioni tradizionali un pixie ha solitamente ali, orecchie a punta, vestiti verdi e un cappello anch'esso a punta. L’origine del nome pixie è incerta, alcuni affermano che provenga dal dialettale svedese pyske, ovvero piccola fata, altri sostenendo che data l'origine cornica della parola piskie, questo è probabilmente di derivazione celtica, anche se non è stato individuato l'esatto termine dal quale pixie dovrebbe derivare. Sebbene sembri che la loro presenza nella mitologia fosse antecedente all'arrivo del Cristianesimo in Gran Bretagna, i pixie vennero assimilati nella nuova religione, con la spiegazione che erano le anime di bambini andati via precocemente. Nel 1869 alcuni suggerirono che il nome pixie fosse una reminiscenza delle tribù pitte, che usavano dipingere/tatuarsi di blu, una caratteristica spesso attribuita anche ai pixie. Sebbene questa idea sia talvolta ripresa da scrittori contemporanei, non ci sono connessioni certe. Alcuni ricercatori del XIX secolo hanno elaborato altre ipotesi sulla derivazione del nome, o connesso il termine a Puck, una creatura mitologica a volte descritta come una fata, ma il nome Puck è anch'esso di origine incerta. Fino all'avvento di racconti moderni, il mito del pixie era localizzato in Bretagna. Alcuni hanno notato alcune rassomiglianze alle "fate nordiche", germaniche o scandinave, ma i pixie sono distinte da queste dai miti e dalle storie del Devon e della Cornovaglia. Prima della metà del diciannovesimo secolo, pixie e fate erano tenute in gran considerazione in Devon e Cornovaglia. Nel Devon, i pixie sono considerati "così piccoli da essere invisibili e innocui o amichevoli per l'uomo". I libri dedicati alle credenze locali dei contadini sono pieni di incidenti dovuti a manifestazioni di pixie. Alcune località devono il loro nome al mito dei pixie: ad esempio in Devon, vicino a Challacombe, un gruppo di rocce deve il suo nome alla credenza che i pixie abitino lì vicino. In alcune aree la credenza che pixie e fate siano creature reali è ancora presente. Nelle leggende provenienti da Dartmoor i pixies sono amanti della musica e del ballo e amano cavalcare i puledri del paese. Questi sono generalmente amichevoli e aiutano gli esseri umani, ma si racconta che conducono i viandanti a perdersi (e così il viandante diviene "pixy-led", ovvero "guidato da un pixie") e l'unico rimedio consiste nell'indossare il proprio cappotto rovesciato, con l'interno all'esterno. La regina dei pixie della Cornovaglia pare sia Joan the Wad "Giovanna la Torcia", considerata molto fortunata. In alcune leggende e resoconti storici sono descritti con una statura quasi pari a quella di un umano. Per esempio, un membro della famiglia Elford a Tavistock, Devon, si nascose dalle truppe di Cromwell nella casa di un pixie. Nonostante l'entrata sia rimpicciolita col passare del tempo, la casa pixie, una caverna di formazione naturale sullo Sheep Tor, è ancora accessibile. Si racconta anche che a Buckland St. Mary, nel Somerset, i pixie abbiano combattuto contro le fate: e proprio per aver vinto ancora oggi visitano l'area, mentre le fate si dice se ne andarono per sempre dopo la loro sconfitta. Fin dai primi anni del diciannovesimo secolo i loro contatti con gli umani sono diminuiti. Nel libro del 1824 Cornwall di Samuel Drew, troviamo questa osservazione: "L'era dei pixie, come fu quella della cavalleria, è finita. Al giorno d'oggi non ci sono molte case che si dica siano visitate da questi. Persino i campi e le strade che prima frequentavano spesso sembra siano state dimenticate. La loro musica può essere udita molto raramente."
Ed è cosi che ebbe inizio il viaggio…

ventitré volte agosto - 2023
Aria avvolta di misticismo, luoghi immensi di distese sconfinate che sbocciano in colori e profumi, monumenti megalitici sparsi in tutta la regione. La penisola di Penwith, la zona più a ovest, possiede la più alta concentrazione di siti antichi di tutto il resto del Regno Unito, cerchi di pietre, dolmen, menhir e villaggi neolitici. E tra i fili d’erba, all’ora della merenda con caldi scones, panna montata e marmellate gustose si ascoltano storie sui piskies, i dispettosi folletti della Cornovaglia che si nascondono tra i bassi cespugli della brughiera. Odi raccontare anche leggende sui giganti che un tempo vivevano nella regione, tormentando gli abitanti e divenendo così parte della storia popolare, una storia che ancora una volta si mescola alla fantasia nella figura del mitico Re Artù. Dal castello di Tintagel, dove si dice che venne concepito, al paese di Camelford che tanto assomiglia a nome Camelot, passando per il lago Dozmary Pool in cui Excalibur sarebbe stata riposta alla morte del sovrano. Molti indizi suggeriscono che qui si trovasse la vera Avalon descritta dai primi storici del tempo…

Aprire la mappa, cercare nella realtà mondi nuovi, desiderio di infinito, in quel preciso punto della terra tutta l'immaginazione.

atlante infinito
diario visivo del viaggio


Illustrazione The Blackthorn Fairy, from Flower of the Trees 1940

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nondovrebbefiniremai • Bristol

2023
Direzione sud-ovest dell’Inghilterra: Bristol
on the road Cornwall 03
Aereoporto di Bristol, noleggio auto, mappa, cominciamo da un libro.


La storia urbanistica della città di Bristol è raccontata accuratamente in un libro di Federica Angelucci, in un ampio studio sulla trasformazione del tessuto urbano in relazione ai mutamenti politici ed economici che si susseguono nel tempo. Ripercorrerne la storia degli adeguamenti del tessuto urbano e cittadino alle volontà dei sempre nuovi centri di potere economico e politico si rivela interessante esempio di come una realtà antica possa continuare a riflettersi, nelle sue dinamiche, in un presente dove ogni città o metropoli contemporanea è specchio delle sempre nuove e mutevoli gerarchie economiche e politiche. Il testo è corredato da una interessante iconografia storica di notevolissima qualità. Il lavoro di sintesi su Bristol tardomedievale prende le mosse da una approfondita ricognizione delle fonti bibliografiche e archivistiche, con una particolare attenzione per la cartografia storica. La grande quantità di studi, alcuni filologicamente assai dettagliati, prodotti dalla storiografia locale (tra i quali va segnalato l'atlante storico) non aveva fino ad oggi considerato con cognizione di causa lo sviluppo urbanistico nelle sue caratteristiche progettuali. Partendo dal più antico insediamento caratterizzato da una "croce di strade" (purtroppo in parte scomparsa a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale e dei successivi Piani di ricostruzione), Federica Angelucci ha seguito in ogni particolare sia le trasformazioni interne che le notevoli espansioni consolidatesi tra XIII e XV secolo. Di particolare significato appaiono, come di consueto, le localizzazioni degli edifici ecclesiastici, che sono costantemente riferite ad un diretto rapporto con il centro cittadino. Anche l'andamento dei corsi d'acqua è stato oggetto di una approfondita revisione e sono state fatte proposte ricostruttive alternative rispetto a quelle avanzate dalla storiografia locale. L'evoluzione dei tessuti urbani segue anche a Bristol i modelli diffusi in campo europeo, con il passaggio da strade curvilinee a strade rettilinee, e le rettifiche - finalizzate all'ampliamento della sede viaria e al miglioramento della visibilità a distanza - applicate ai tracciati più antichi. Sono state poi affrontate due tematiche specifiche: il vedutismo cinque-seicentesco e gli aspetti metrologici. Basandosi su una fonte quattrocentesca assai particolareggiata e unica nel suo genere, l'autrice ha potuto verificare sul campo l'uso di particolari unità di misura impiegate nella descrizione di Bristol e di altre città inglesi. Si tratta di misurazioni sistematiche, anche se spesso condotte con metodi artigianali e con personali approssimazioni, di tutti gli spazi pubblici interni all'insediamento: un lavoro utilizzabile a diversi fini e confrontabile con altre più sintetiche fonti tardomedievali europee e italiane, ma non tradotto nell'immediato in rappresentazione planimetrica. Siamo certi che questo volume sarà accolto con attenzione ed interesse dalla storiografia anglosassone, tradizionalmente legata agli aspetti analitici e metodologici della ricerca, alla comparazione a vasto raggio e alla concretezza dei risultati.
Bristol è una città sviluppatasi su entrambe le rive del fiume Avon, nell'Inghilterra sud-occidentale, una delle città più stimolanti d’Europa. Appena si arriva in centro si respira tutta la contemporaneità mescolata al suo passato di città portuale ricca di storia, quello che un tempo era il porto in centro è diventato un polo culturale denominato Harbourside, con il museo M Shed a illustrare il patrimonio sociale e industriale locale. All'interno dei magazzini portuali del XIX secolo sono allestiti ristoranti, negozi e istituzioni culturali, gallerie d'arte contemporanea, i giovani passeggiano tra vecchie rotaie, leggono un libro al canto dei gabbiani o seduti al tavolo di un caffè in un Cargo, con in lontananza la cattedrale e i tetti colorati. Una città che regala nell’attraversare le sue strade un’architettura georgiana, una tradizione portuale e soprattutto una graffiante street art che si scopre passo dopo passo, in pieno centro perdendosi tra strade e vicoletti, tra piccoli caffé, librerie e pub tradizionali.

Harbourside e Wapping Wharf, il porto di Bristol
Maestose con la folla che a bordo era pronta a partire, le navi dirette in Irlanda, America nel Nord e Canada. Questa era Bristol fino al 1800, snodo centrale nella triste tratta degli schiavi. Rivestì una certa importanza durante i viaggi esplorativi del XV e XVI secolo. Nella narrazione moderna che riguarda l’era delle grandi esplorazioni oceaniche si sente spesso parlare (per giusti e ovvi motivi) di Colombo, Magellano e Vespucci; ma coloro che oggi consideriamo “grandi esploratori” rappresentano solo una parte della storia. I grandi viaggi oceanici sono stati resi possibili non solo dalle figure di spicco che hanno dato nomi a regioni o interi continenti, ma anche da marinai comuni, armatori sconosciuti e persone che per sbarcare il lunario erano costrette a seguire gli spostamenti del pesce, spingendosi verso mari ignoti e terre mai toccate da piede europeo. Intorno al XIII secolo Bristol iniziò a diventare un porto marittimo di una certa rilevanza: il vino francese, le spezie orientali e la lana proveniente dall’Europa settentrionale rappresentavano le principali mercanzie che transitavano per il porto, ma all’inizio del XV secolo il merluzzo iniziò a diventare fonte di grossi guadagni. Il merluzzo pescato in Islanda dai marinai di Waterford e Cork, congelato in blocchi solidi (stoccafisso) facili da trasportare e da conservare, raggiungeva Bristol e veniva smistato in tutta Inghilterra scambiandolo con vestiti, alimenti non presenti in Irlanda e metalli. Tra il XIV e il XV secolo secolo, la città di Bristol era considerata la terza città più popolata d’Inghilterra, dopo Londra e York, con circa 15-20.000 abitanti quasi totalmente impegnati, direttamente o indirettamente, nel commercio via mare. Il commercio lungo le rotte atlantiche vedeva coinvolti almeno 250 mercanti di Bristol, che quotidianamente venivano a conoscenza di nuove rotte marittime, nuove opportunità da sfruttare e storie leggendarie che circolavano tra i marinai dell’epoca. William Canynge, il primo grande mercante di Bristol, fu per cinque volte sindaco della città e possedeva una flotta di 10 navi e 800 marinai totalmente impegnata nel commercio di vino e di merluzzo. Un altro colpo per l’economia di Bristol che spinse i commercianti della città a cercare nuove rotte marittime fu la cattura di Costantinopoli da parte dell’Impero ottomano nel 1453. Costantinopoli rappresentava il fulcro dei traffici di spezie tra Europa e Asia, ma l’arrivo dei Turchi vide l’applicazione di nuove e pesanti tasse sulle esportazioni verso Ovest. I marinai di Bristol ritenevano possibile circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Asia, o che esistesse una rotta verso Ovest per raggiungere il Cipango (Giappone) e il Catai (Cina). Si tratta di idee del tutto analoghe a quelle che motivarono Cristoforo Colombo ad intraprendere l’attraversata dell’Atlantico: il celebre esploratore approdò nel 1476 proprio a Bristol, dove potrebbe aver assorbito i racconti dei marinai inglesi che avrebbero costituito le fondamenta del suo primo viaggio esplorativo. Spingendosi verso i mari sud-occidentali in cerca di pesce, di nuove rotte marittime e di località con cui intrattenere interessanti rapporti commerciali, i marinai di Bristol potrebbero aver raggiunto le Americhe qualche anno prima del primo viaggio di Colombo. Il primo inglese a condurre una spedizione in Nordamerica potrebbe essere stato William Weston, un mercante di Bristol che tra il 1499 e il 1500 posò piede sul suolo canadese. E’ possibile che Weston possa essere stato membro dell’equipaggio di Caboto nel 1497, anno in cui si svolse la prima spedizione europea nell’ America settentrionale (se escludiamo i viaggi norreni di 500 anni prima). William Wenton lavorò a bordo della Trinity, una delle navi di Bristol che partecipò alla spedizione verso Hy-Brasil nel 1480. La licenza per la missione esplorativa di Weston del 1499 sembra essere legata alla spedizione di Caboto, per cui è molto probabile che l’esploratore di Bristol fosse un compagno di viaggio, se non addirittura un amico, del viaggiatore veneziano. La data esatta del viaggio esplorativo di Weston non è nota, anche se l’ipotesi dominante è che sia iniziata un anno dopo dal ritorno di Caboto. La destinazione raggiunta dalla spedizione è sconosciuta, ma sappiamo per certo che nel 1500 Weston fu ricompensato dal re con una somma di 30 sterline “per le spese sostenute durante la ricerca di nuove terre”. Lo storico inglese Alwyn A. Ruddock ha sostenuto che Weston possa essersi spinto in profondità nell’Atlantico nord-occidentale, probabilmente raggiungendo la Baia di Hudson, località che riceverà il suo nome solo oltre un secolo dopo, nel 1610, quando Henry Hudson la raggiunse a bordo del veliero Discovery.

Oggi il porto di Bristol è un’area vivace e riqualificata, ricca di attività, il nuovo quartiere Wapping Wharf con i vecchi container navali di Cargo. C’è contemporanietà, gioventù, si respira freschezza, si sente il profumo del pesce fresco impanato e fritto, la storia è passata, lontana, ma non si dimentica, fa parte di quel presente, e al primo attimo di silenzio, senti tutte le vecchie voci di esploratori, viaggiatrici, gente comune che da li è passata, ha vissuto, ha sognato. Il museo M Shed: racconta la storia di Bristol attraverso una serie di installazioni interattive. All’interno si trovano anche un accogliente café – perfetto nelle giornate di pioggia – e l’opera di Bansky Grim Reaper, di cui ti parliamo più avanti. Verso Spike Island e Bristol Marina, si rimane colpiti dai colori vivaci delle case affacciate sul porto. Qui si trova anche la nave museo SS Great Britain, transatlantico a vapore varato nel 1843 che collegava Bristol a New York. A Bristol sono stati scoperti frammneti dei manoscritti della famosa leggenda di mago Merlino, tra i più antichi. I frammenti contengono un passaggio della sequenza di testi in francese antico conosciuta come il Ciclo della Vulgata o Ciclo Lancillotto-Grail, che risale agli inizi del XIII secolo. Parti di questo Ciclo potrebbero essere state usate da Sir Thomas Malory (1415-1471) come fonte per il suo Le Morte Darthur (stampato per la prima volta nel 1485 da William Caxton), che è a sua volta il principale testo di partenza per molte narrazioni moderne della leggenda arturiana in inglese. “La maggior parte dei manoscritti del testo noti per essere stati in Inghilterra nel Medioevo sono stati composti dopo il 1275, quindi questo è un esempio particolarmente precoce, sia dei manoscritti della Suite Vulgata in generale, ma soprattutto di quelli noti per aver trovato la loro strada in Inghilterra dalla Francia nel Medioevo”. Gli eventi iniziano con Artù, Merlino, Gawain e altri cavalieri assortiti, tra cui Re Ban e Re Bohors che si preparano alla battaglia a Trebes contro Re Claudas e i suoi seguaci. Merlino sta studiando il miglior piano d’attacco. Segue una lunga descrizione della battaglia. Ad un certo punto, le forze di Artù sembrano assediate ma un discorso di Merlino che li esorta ad evitare la codardia li porta a combattere di nuovo, e Merlino guida la carica usando lo speciale stendardo di drago di Sir Kay che Merlino aveva regalato ad Artù, che sputa fuoco vero. Alla fine, le forze di Artù sono trionfanti. Re Artù, Ban e Bohors, e gli altri cavalieri, sono alloggiati nel castello di Trebes. Quella notte Ban e sua moglie, la regina Elaine, concepiscono un bambino. Elaine fa poi uno strano sogno su un leone e un leopardo, quest’ultimo sembra prefigurare il figlio che Elaine deve ancora nascere. Anche Ban fa un sogno terrificante in cui sente una voce. Si sveglia e va in chiesa. Ci viene detto che durante il soggiorno di Artù nel regno di Benoic per il mese successivo, Ban e Bohors sono in grado di continuare a combattere e sconfiggere Claudas, ma dopo che Artù parte per occuparsi delle questioni nelle sue terre, Claudas è di nuovo trionfante. La narrazione si sposta poi alla parziale spiegazione di Merlino dei sogni di Ban ed Elaine. In seguito, Merlino incontra Viviane che desidera sapere come addormentare le persone (desidera farlo ai suoi genitori). Merlino rimane con Viviane per una settimana, apparentemente si innamora di lei, ma resiste a dormire con lei. Merlino torna poi a Benoic per ricongiungersi ad Artù e ai suoi compagni. Il professor Tether ha aggiunto: “Oltre alle eccitanti conclusioni, una cosa che l’intraprendere questo studio, l’edizione e la traduzione del Merlino di Bristol ha rivelato è il valore incommensurabile della collaborazione interdisciplinare e trans-istituzionale, che nel nostro caso ha forgiato un modello olistico e completo per studiare i frammenti di manoscritti medievali che speriamo possa informare e incoraggiare il lavoro futuro nel campo”. “Ci ha anche mostrato il grande potenziale delle collezioni locali di manoscritti e libri rari a Bristol, in particolare nella Biblioteca Centrale dove ci sono molti altri frammenti di manoscritti non identificati che aspettano di essere scoperti.

St Nicholas Market
Il St Nicholas Market è il più antico e amato mercato di Bristol. Sotto la volta del Glass Arcade lo street food regna sovrano, con cucina etnica da tutto il mondo. Dalle vetrate in alto la luce entra come una voce divina che rende il cibo qualcosa di mistico dove tutti s'incontrano senza barriere, solo scoperta.


La storica via Christmas Steps: scorcio unico della città. Ripidi gradini si inerpicano tra due strette ali di edifici, barber shop e atelier d’artisti, salendo fino alla cima della scalinata basta voltarsi e accorgersi di quanto questa piccola viuzza diventi uno scorcio incantevole dove la vita trascorre come il luccichio di una lampadina accesa di giorno in attesa di splendere come una lanterna di un veliero di notte...


atlante infinito
diario visivo del viaggio

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nondovrebbefiniremai • Il mistero svelato del Bistrot

2023
Il Bistrot parigino è un'icona vivente della cultura e della vita quotidiana della città. Con le sue sedie di legno consumate dal tempo e i tavoli ravvicinati, offre uno spazio intimo e accogliente. Marc Augé, nel suo libro “Un etnologo al bistrot” analizza come questi luoghi tradizionali assumano ruoli sociali e culturali importanti nella vita quotidiana delle persone, la ritualità e le interazioni sociali che avvengono all'interno dei Bistrot, esaminando come questi spazi influenzino le dinamiche sociali e contribuiscano alla costruzione di legami comunitari. Esplora il gran teatro del bistrot con tutti i suoi attori. Considerato con gli occhi dell’etnologo, il bistrot è il regno delle relazioni “di superficie”, quelle in cui il gesto dello scambio importa assai più di ciò che lo motiva. Un grande bistrot nell’ora di punta è un luogo straripante di vita, di emozioni, in cui si scambiano parole per non dire nulla, gesti appena accennati, occhiate passeggere. Spazio relazionale ma anche spazio letterario: Maigret sarebbe impensabile senza le soste al bistrot. La Francia ha esportato in tutto il mondo questo modello di civiltà: da quel nome sprigiona ovunque il carattere amabile che ne contrassegna l’immagine. Non pura immagine, tuttavia: il bistrot è un oggetto del paesaggio urbano che rivendica di possedere una propria storia, una geografia e, d’ora in avanti, anche una propria etnologia. Una sosta ad un bistrot parigino varrebbe un viaggio, perché l’energia e gli stimoli che ne scaturisce, sono ancora percepibili come un vecchio ricordo di un giorno trascorso tra i tavolini di Cafè de Flore…
Le pareti, adornate da vecchie foto in bianco e nero, raccontano storie di un'epoca passata, mentre il profumo del caffè appena fatto si mescola con l'aroma invitante delle prime baguette. Il proprietario, con il suo grembiule e il sorriso cordiale, conosce ogni cliente abituale per nome e preferenza di caffè. Le conversazioni risuonano nella sala, un mix allegro di turisti curiosi e residenti affezionati, ma non sono mai invadenti o fastidiose. Si parla di politica, arte, amore e vita quotidiana, insieme al tintinnio delle tazzine e dalle chiacchiere di chi si gode una pausa dalla frenesia della città. Il Bistrot è il crocevia dove le storie prendono vita: nuove amicizie si formano, gli artisti trovano ispirazione, gli innamorati si scambiano sguardi e gli scrittori, come quel misterioso vecchio signore, trovano il loro rifugio per tessere trame e segreti legati all'essenza stessa di Parigi. È un luogo che va oltre la semplice colazione o il caffè del pomeriggio; è un'esperienza che cattura l'anima della città e la rilascia, poco alla volta, nei dialoghi e nelle vite intrecciate di coloro che lo frequentano. In quel freddo mattino di novembre, mentre il vapore del caffè danzava nell'aria, il vecchio signore, con il suo sguardo saggio e misterioso, attirava l'attenzione di tutti nel Bristot. Un giorno, mentre noi eravamo assorte nelle nostre chiacchiere organizzative del lavoro da svolgere, notammo una scia di carta scivolargli dalla tasca mentre si alzava per andarsene. Affrettandoci a raccoglierla, scoprimmo una mappa ingiallita di Parigi, segnata da annotazioni e simboli enigmatici. Uscimmo nello stesso momento, e per un pezzo di strada ci ritrovammo sullo stesso percorso… istintivamente decidemmo di seguirlo, discretamente, per svelare chissà cosa… Attraversò viuzze strette finché non si fermò davanti ad un'antica libreria sulle rive della Senna. Entrando, lo vedemmo scambiare sottili indizi con il libraio, rivelando una conoscenza profonda dei segreti nascosti nella storia della città. Scoprimmo da quel giorno, che ogni mattina, si recava in quella libreria. Una mattina, ci avvicinammo timidamente con in mano alcune mappe e dei libri, e lui, sorridendo con gentilezza, si fermò a descriverci alcune pagine, per poi finire a parlare dinanzi ad un mappamondo. La nostra permanenza a Parigi, nei giorni a venire, ci condusse attraverso la città, svelando storie dimenticate e luoghi intrisi di mistero. Scoprimmo che era un archeologo in pensione, un ricercatore di antichi segreti che la città custodiva gelosamente. Esplorava, raccoglieva indizi e annotava scoperte che lo aiutavano a decifrare enigmi che solo lui conosceva. Con il passare del tempo, diventammo amici di passeggiate, condividendo con lui il valore dell'osservazione e della passione per il mistero che circonda la vita di una città antica…

Maria

atlante infinito
diario visivo del viaggio

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nondovrebbefiniremai • Il linguaggio segreto dei fiori

2022
𝙸𝚕 𝚜𝚘𝚕𝚎 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚖𝚊𝚝𝚝𝚒𝚗𝚘 𝚙𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒𝚗𝚘 𝚋𝚊𝚌𝚒𝚊𝚟𝚊 𝚕𝚎 𝚜𝚝𝚛𝚊𝚍𝚎 𝚊𝚌𝚌𝚒𝚘𝚝𝚝𝚘𝚕𝚊𝚝𝚎 𝚍𝚒 𝙼𝚘𝚗𝚝𝚖𝚊𝚛𝚝𝚛𝚎,
𝚖𝚎𝚗𝚝𝚛𝚎 𝙿𝚊𝚞𝚕𝚒𝚗𝚎 𝚌𝚘𝚗 𝚙𝚊𝚜𝚜𝚘 𝚕𝚎𝚐𝚐𝚎𝚛𝚘 𝚜𝚒 𝚍𝚒𝚛𝚒𝚐𝚎𝚟𝚊 𝚟𝚎𝚛𝚜𝚘 𝚒𝚕 𝚖𝚎𝚛𝚌𝚊𝚝𝚘 𝚍𝚎𝚒 𝚏𝚒𝚘𝚛𝚒. 𝙴𝚛𝚊 𝚐𝚒𝚞𝚗𝚝𝚊 𝚍𝚊 𝚙𝚘𝚌𝚘 𝚗𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚅𝚒𝚕𝚕𝚎 𝙻𝚞𝚖𝚒𝚎̀𝚛𝚎, 𝚎 𝚕'𝚊𝚛𝚒𝚊 𝚏𝚛𝚒𝚣𝚣𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚕𝚎 𝚒𝚗𝚎𝚋𝚛𝚒𝚊𝚟𝚊 𝚒 𝚜𝚎𝚗𝚜𝚒, 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚞𝚗 𝚚𝚞𝚊𝚍𝚛𝚘 𝚍𝚒 𝙼𝚘𝚗𝚎𝚝. 𝚃𝚛𝚊 𝚕𝚎 𝚋𝚊𝚗𝚌𝚊𝚛𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚌𝚘𝚕𝚘𝚛𝚊𝚝𝚎, 𝚒𝚕 𝚜𝚞𝚘 𝚜𝚐𝚞𝚊𝚛𝚍𝚘 𝚜𝚒 𝚙𝚘𝚜𝚘̀ 𝚜𝚞 𝚞𝚗 𝚖𝚊𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚙𝚎𝚝𝚊𝚕𝚒 𝚟𝚎𝚕𝚕𝚞𝚝𝚊𝚝𝚒: 𝚛𝚘𝚜𝚎 𝚛𝚘𝚜𝚜𝚎 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚕𝚊 𝚙𝚊𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎, 𝚐𝚒𝚐𝚕𝚒 𝚌𝚊𝚗𝚍𝚒𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚕𝚊 𝚙𝚞𝚛𝚎𝚣𝚣𝚊, 𝚝𝚞𝚕𝚒𝚙𝚊𝚗𝚒 𝚜𝚌𝚛𝚎𝚣𝚒𝚊𝚝𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚞𝚗'𝚊𝚕𝚋𝚊 𝚍𝚒 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚊𝚟𝚎𝚛𝚊. 𝙸 𝚙𝚛𝚘𝚏𝚞𝚖𝚒 𝚜𝚒 𝚖𝚎𝚜𝚌𝚘𝚕𝚊𝚟𝚊𝚗𝚘 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚞𝚗𝚊 𝚍𝚊𝚗𝚣𝚊, 𝚊𝚟𝚟𝚘𝚕𝚐𝚎𝚗𝚍𝚘𝚕𝚊 𝚒𝚗 𝚞𝚗 𝚊𝚋𝚋𝚛𝚊𝚌𝚌𝚒𝚘 𝚌𝚊𝚕𝚍𝚘 𝚎 𝚛𝚊𝚜𝚜𝚒𝚌𝚞𝚛𝚊𝚗𝚝𝚎.
𝙻𝚊 𝚍𝚘𝚗𝚗𝚊, 𝚊𝚟𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚒𝚗 𝚞𝚗 𝚊𝚋𝚒𝚝𝚘 𝚌𝚘𝚕𝚘𝚛 𝚌𝚎𝚗𝚎𝚛𝚎, 𝚜𝚒 𝚊𝚌𝚌𝚘𝚜𝚝𝚘̀ 𝚊 𝚞𝚗𝚊 𝚟𝚎𝚗𝚍𝚒𝚝𝚛𝚒𝚌𝚎 𝚍𝚊𝚕 𝚟𝚒𝚜𝚘 𝚐𝚎𝚗𝚝𝚒𝚕𝚎. 𝙻𝚎 𝚜𝚞𝚎 𝚖𝚊𝚗𝚒, 𝚍𝚎𝚕𝚒𝚌𝚊𝚝𝚎 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚍𝚒 𝚞𝚗𝚊 𝚙𝚒𝚊𝚗𝚒𝚜𝚝𝚊, 𝚜𝚏𝚒𝚘𝚛𝚊𝚛𝚘𝚗𝚘 𝚕𝚎 𝚌𝚘𝚛𝚘𝚕𝚕𝚎 𝚌𝚘𝚗 𝚝𝚒𝚖𝚘𝚛𝚎 𝚛𝚎𝚟𝚎𝚛𝚎𝚗𝚣𝚒𝚊𝚕𝚎, 𝚚𝚞𝚊𝚜𝚒 𝚊 𝚟𝚘𝚕𝚎𝚛 𝚌𝚊𝚛𝚙𝚒𝚛𝚎 𝚒 𝚜𝚎𝚐𝚛𝚎𝚝𝚒 𝚌𝚞𝚜𝚝𝚘𝚍𝚒𝚝𝚒 𝚒𝚗 𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚐𝚘𝚌𝚌𝚒𝚊 𝚍𝚒 𝚛𝚞𝚐𝚒𝚊𝚍𝚊.𝙳𝚘𝚙𝚘 𝚞𝚗 𝚊𝚝𝚝𝚒𝚖𝚘 𝚍𝚒 𝚒𝚗𝚍𝚎𝚌𝚒𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎, 𝚜𝚌𝚎𝚕𝚜𝚎 𝚞𝚗 𝚖𝚊𝚣𝚣𝚘 𝚍𝚒 𝚖𝚊𝚛𝚐𝚑𝚎𝚛𝚒𝚝𝚎, 𝚜𝚒𝚖𝚋𝚘𝚕𝚘 𝚍𝚒 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚕𝚒𝚌𝚒𝚝𝚊̀ 𝚎 𝚒𝚗𝚗𝚘𝚌𝚎𝚗𝚣𝚊. 𝙸 𝚕𝚘𝚛𝚘 𝚙𝚎𝚝𝚊𝚕𝚒 𝚋𝚒𝚊𝚗𝚌𝚑𝚒, 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚕𝚊 𝚗𝚎𝚟𝚎 𝚌𝚊𝚍𝚞𝚝𝚊 𝚏𝚛𝚎𝚜𝚌𝚊, 𝚒𝚕𝚕𝚞𝚖𝚒𝚗𝚊𝚟𝚊𝚗𝚘 𝚒𝚕 𝚜𝚞𝚘 𝚟𝚒𝚜𝚘 𝚎𝚗𝚒𝚐𝚖𝚊𝚝𝚒𝚌𝚘, 𝚍𝚒 𝚌𝚞𝚒 𝚜𝚒 𝚒𝚗𝚝𝚛𝚊𝚟𝚎𝚍𝚎𝚟𝚊𝚗𝚘 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚐𝚕𝚒 𝚘𝚌𝚌𝚑𝚒, 𝚙𝚛𝚘𝚏𝚘𝚗𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚞𝚗 𝚌𝚒𝚎𝚕𝚘 𝚍𝚒 𝚖𝚎𝚣𝚣𝚊𝚗𝚘𝚝𝚝𝚎. 𝙿𝚊𝚐𝚘̀ 𝚌𝚘𝚗 𝚞𝚗 𝚜𝚘𝚛𝚛𝚒𝚜𝚘 𝚜𝚒𝚕𝚎𝚗𝚣𝚒𝚘𝚜𝚘 𝚎, 𝚜𝚝𝚛𝚒𝚗𝚐𝚎𝚗𝚍𝚘 𝚒𝚕 𝚋𝚘𝚞𝚚𝚞𝚎𝚝 𝚊𝚕 𝚙𝚎𝚝𝚝𝚘, 𝚜𝚒 𝚊𝚟𝚟𝚒𝚘̀ 𝚟𝚎𝚛𝚜𝚘 𝚕𝚊 𝚋𝚊𝚜𝚒𝚕𝚒𝚌𝚊 𝚍𝚎𝚕 𝚂𝚊𝚌𝚛𝚘 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚎. 𝙸 𝚙𝚊𝚜𝚜𝚒 𝚕𝚎𝚐𝚐𝚎𝚛𝚒 𝚕𝚊 𝚌𝚘𝚗𝚍𝚞𝚌𝚎𝚟𝚊𝚗𝚘 𝚟𝚎𝚛𝚜𝚘 𝚕𝚊 𝚟𝚎𝚝𝚝𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚌𝚘𝚕𝚕𝚒𝚗𝚊, 𝚍𝚘𝚟𝚎 𝚕𝚊 𝚌𝚒𝚝𝚝𝚊̀ 𝚜𝚒 𝚍𝚒𝚜𝚙𝚒𝚎𝚐𝚊𝚟𝚊 𝚊𝚒 𝚜𝚞𝚘𝚒 𝚙𝚒𝚎𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚕𝚊 𝚙𝚒𝚞̀ 𝚋𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚘𝚙𝚎𝚛𝚎 𝚍'𝚊𝚛𝚝𝚒.𝙻𝚊̀, 𝚜𝚞𝚕𝚕𝚊 𝚜𝚌𝚊𝚕𝚒𝚗𝚊𝚝𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚋𝚊𝚜𝚒𝚕𝚒𝚌𝚊, 𝚜𝚒 𝚜𝚎𝚍𝚎𝚝𝚝𝚎 𝚎, 𝚌𝚘𝚗 𝚞𝚗 𝚜𝚘𝚜𝚙𝚒𝚛𝚘 𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚖𝚘𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎, 𝚕𝚊𝚜𝚌𝚒𝚘̀ 𝚌𝚑𝚎 𝚒 𝚙𝚎𝚝𝚊𝚕𝚒 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚖𝚊𝚛𝚐𝚑𝚎𝚛𝚒𝚝𝚎 𝚌𝚊𝚍𝚎𝚜𝚜𝚎𝚛𝚘 𝚊 𝚝𝚎𝚛𝚛𝚊, 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚕𝚊𝚌𝚛𝚒𝚖𝚎 𝚍𝚒 𝚐𝚒𝚘𝚒𝚊 𝚍𝚒 𝚏𝚛𝚘𝚗𝚝𝚎 𝚊𝚕𝚕𝚊 𝚋𝚎𝚕𝚕𝚎𝚣𝚣𝚊 𝚜𝚌𝚘𝚗𝚏𝚒𝚗𝚊𝚝𝚊 𝚍𝚒 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒.𝙸𝚗 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕'𝚒𝚜𝚝𝚊𝚗𝚝𝚎, 𝙿𝚊𝚞𝚕𝚒𝚗𝚎 𝚚𝚞𝚊𝚜𝚒 𝚜𝚎𝚖𝚋𝚛𝚊𝚟𝚊 𝚍𝚒𝚜𝚜𝚘𝚕𝚟𝚎𝚛𝚜𝚒... 𝚞𝚗'𝚊𝚗𝚒𝚖𝚊 𝚜𝚎𝚗𝚜𝚒𝚋𝚒𝚕𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚜𝚒 𝚒𝚖𝚖𝚎𝚛𝚐𝚎𝚟𝚊 𝚗𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚙𝚘𝚎𝚜𝚒𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚟𝚒𝚝𝚊, 𝚝𝚛𝚊 𝚕𝚎 𝚗𝚘𝚝𝚎 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚟𝚊𝚕𝚣𝚎𝚛 𝚖𝚞𝚝𝚘. 𝙸𝚕 𝚜𝚞𝚘 𝚖𝚒𝚜𝚝𝚎𝚛𝚘 𝚛𝚒𝚖𝚊𝚗𝚎𝚟𝚊 𝚒𝚗𝚝𝚊𝚝𝚝𝚘, 𝚖𝚊 𝚒𝚕 𝚜𝚞𝚘 𝚐𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚕𝚒𝚌𝚎 𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚒𝚌𝚊𝚝𝚘 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚊 𝚕𝚊𝚜𝚌𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚞𝚗'𝚒𝚖𝚙𝚛𝚘𝚗𝚝𝚊 𝚒𝚗𝚍𝚎𝚕𝚎𝚋𝚒𝚕𝚎 𝚗𝚎𝚕 𝚌𝚞𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝙼𝚘𝚗𝚝𝚖𝚊𝚛𝚝𝚛𝚎, 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚞𝚗 𝚏𝚛𝚊𝚖𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚘 𝚊𝚍 𝚘𝚌𝚌𝚑𝚒 𝚊𝚙𝚎𝚛𝚝𝚒.


atlante infinito
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nondovrebbefiniremai • Napoli

2023
𝚃𝚞𝚝𝚝𝚒 𝚖𝚊𝚝𝚝𝚒, 𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚘 𝚞𝚗 𝚖𝚒𝚕𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚕𝚎 𝚙𝚎𝚛𝚜𝚘𝚗𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚜𝚌𝚎𝚗𝚍𝚎𝚛𝚊𝚗𝚗𝚘 𝚒𝚗 𝚜𝚝𝚛𝚊𝚍𝚊, 𝚖𝚒𝚕𝚒𝚘𝚗𝚒 𝚍𝚒 𝚙𝚎𝚛𝚜𝚘𝚗𝚎 𝚌𝚑𝚎 “𝚜𝚘' 𝚝𝚊𝚗𝚝’𝚊𝚗𝚗𝚎 𝙲𝚊 𝚏𝚊𝚗𝚗 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚎 '𝚎 𝚍𝚒𝚎́𝚋𝚋𝚎𝚝𝚎 𝚌𝚞' ‘𝚎 𝚜𝚞𝚘𝚗𝚗𝚎”, 𝚊𝚋𝚒𝚝𝚞𝚊𝚝𝚒 𝚊 𝚐𝚒𝚘𝚒𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚎𝚏𝚏𝚒𝚖𝚎𝚛𝚎 𝚜𝚙𝚎𝚛𝚊𝚗𝚣𝚎, 𝚌𝚘𝚗 𝚒 𝚕𝚘𝚛𝚘 𝚌𝚞𝚘𝚛𝚒 𝚊𝚍 𝚊𝚜𝚙𝚎𝚝𝚝𝚊𝚛𝚎 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚛𝚎 𝚜𝚞𝚕𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚘 𝚐𝚛𝚊𝚍𝚒𝚗𝚘 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚟𝚊𝚜𝚌𝚒𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚘𝚖𝚎𝚝𝚝𝚎, 𝚌𝚎𝚕𝚊, 𝚜𝚞𝚋𝚒𝚜𝚌𝚎 𝚖𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚛𝚒𝚏𝚒𝚞𝚝𝚊 𝚘𝚋𝚋𝚎𝚍𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊, 𝚜𝚘𝚝𝚝𝚘𝚖𝚒𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎.

Il racconto qui: Portatemi a Napoli
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nondovrebbefiniremai • Agrigento

2023
Kerkent

Il vento è colmo di mare,
dalle piccole colline maestoso divide questa terra dall'Africa. Nessun confine divide i profumi, i suoni, in questa primavera di maggio, con un sole lieve che accarezza il giallo intenso delle pietre, con la sua luce satura di culture che si mescolano, si cercano, si confondono fino al baracco...


Il racconto qui: Kerkent
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nondovrebbefiniremai • Melodie d'autunno nelle strade del tempo

2022
Place des Vosges, luminosa giornata d'autunno con i raggi del sole che filtravano tra le foglie dorate, passanti si godevano il tepore del giorno, un suono melodioso si diffuse nell'aria. Da una stradina piccola che conduceva alla piazza, un musicista vestito con abiti d'epoca a passo lento camminava insieme ad una grande ombra. La sua veste color burgundy, di grigio e di verde, abbellita da pizzi e ricami antichi sgualciti, catturava lo sguardo di chiunque si avvicinasse. I capelli fluenti, corvini come la notte, erano legati da un nastro d'argento nascosti sotto un cappello piumato…
Sussurrava qualcosa con quel tono lieve, pian piano crescente la sua voce, potente e avvolgente come un racconto antico, si innalzò al di sopra dei rumori della città. Con ogni nota, sembrava evocare storie di amori proibiti e avventure perdute nel tempo. L’ho ascoltato estasiata prima di immortalarlo, sapendo che in quella fotografia ne avrei ricordato il canto… Intrecciava le sue melodie con la storia di un amore impossibile tra due anime divise dal destino, una trama che sembrava intrecciarsi con la storia stessa della piazza, testimone di secoli di vite passate… non era solo in quell’istante, vite si ascoltavano senza conoscersi… anche la poetessa si fermò ad ascoltarlo. Portava con sé un taccuino logoro, pieno di versi e frammenti di poesia e con la sua penna sempre pronta a danzare sul foglio, si mise a annotare ogni movimento, ogni nota, e ogni sfumatura della performance del musicista. Era chiaro che la sua mente stava già tessendo parole e metafore, creando un dipinto poetico che prendeva forma dalle armonie del cantante lirico. Quel canto, che ancora vibra, fluiva come la luce che filtra attraverso le vetrate colorate delle cattedrali gotiche. I suoi versi, ricchi di sfumature e profondità, erano come i raggi che si spezzano in mille colori al passaggio attraverso i vetri artistici. Come la luce nelle cattedrali, la sua lirica crea un gioco di ombre e riflessi, dipingendo immagini evocative e suggestioni misteriose. I suoi versi come le finestre delle cattedrali che raccontano storie sacre e profane, illuminavano e rivelavano il sublime, e così come le cattedrali gotiche lasciano un'impronta indelebile nella memoria di chi le visita, quel canto donato con il sole di quel giorno, si insinuò nell'anima lasciando un'impronta eterea ma indimenticabile.

Maria

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nondovrebbefiniremai • La fisarmonica di Rue des Rosiers

2022
Attraversare Parigi diventa un'ode alle anime erranti, nel turbine dei suoi viali, tra le sinuose strade di Montmartre e le rive della Senna, 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒 avvolge 𝚕𝚎 𝚊𝚗𝚒𝚖𝚎 𝚜𝚘𝚕𝚒𝚝𝚊𝚛𝚒𝚎, 𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚙𝚊𝚜𝚜𝚘 𝚜𝚘𝚕𝚌𝚊 𝚕𝚎 𝚙𝚛𝚘𝚏𝚘𝚗𝚍𝚒𝚝𝚊̀, 𝚝𝚒 𝚊𝚌𝚌𝚘𝚐𝚕𝚒𝚎 𝚜𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚌𝚑𝚒𝚎𝚍𝚎𝚛𝚝𝚒 𝚗𝚞𝚕𝚕𝚊… 𝚝𝚒 𝚙𝚎𝚛𝚍𝚒, 𝚖𝚊 𝚜𝚊𝚒 𝚍𝚘𝚟𝚎 𝚜𝚎𝚒. Le strade del quartiere Marais si tingono d'incanto quando lei, una giovane artista dal fascino senza tempo, posiziona la sua fisarmonica all'angolo di Rue des Rosiers. Col suo sorriso ogni giorno dà vita a una sinfonia che cattura i passanti con l'armonia delle note che fluiscono dalle sue dita agili. Il modo in cui posiziona la fisarmonica è un'arte, quasi come se comporre musica fosse parte della sua anima. Ogni nota è un invito ad abbandonarsi, a sognare tra le vetrine delle boutique o fermarsi ad ascoltarla, con il suo sguardo e le sue melodie, riflesso stesso dell'anima di Parigi.
Il giorno in cui ha imparato a suonare la fisarmonica è un ricordo avvolto nella nebbia dorata dei tramonti parigini. Era primavera, e i giardini erano imbevuti del profumo dei fiori in fiore. Si trovava su una panchina nei giardini di Place des Vosges, osservando la gente che passeggiava, quando il suono di una fisarmonica ha catturato la sua attenzione.
Era come se quelle note avessero svelato un mondo fino ad allora sconosciuto, risvegliando in lei una curiosità intensa. Ha seguito il suono fino a trovare una giovane artista, gli occhi sognanti, che faceva danzare le dita sulla tastiera. L'energia delle sue melodie aveva un'aura magica e in quell'istante ha deciso: voleva imparare a creare quell'incanto lei stessa.
Si è avvicinata timidamente, chiedendo consigli su come iniziare, e la donna le ha svelato i segreti di quell'arte affascinante, ha condiviso con lei i primi passi. La sensazione di avere sotto le dita l'energia delle emozioni, il potere di creare magia con la musica è stata un'esperienza che non avrebbe mai dimenticato. Quel giorno, in quel giardino, ha imparato più di una semplice melodia: ha scoperto una parte di sé che non sapeva di possedere.
"Sai, è strano pensare a come ho iniziato tutto questo. Era una giornata calda e avvolta dal profumo dei fiori in fiore. Ero seduta proprio qui, in questi giardini… quelle note aprirono una porta verso un mondo incantato.”
"E cosa è successo poi?"
Lei: "Mi sono avvicinata e ho chiesto se potevo imparare anch'io. E lei, con la sua gentilezza e il suo savoir-faire, mi ha insegnato i primi passi. È stato come scoprire un tesoro nascosto, una parte di me che non sapevo di avere."
Sorrido dinanzi alla semplicità del racconto, forse romanzato chissà, mi piace pensare che sia così…
"È una storia bella, semplice, e ora guarda come trasformi questo angolo di Parigi con la tua musica..."
Lei: "È incredibile come la musica, una passione, possa cambiare le cose…”
E così, mentre le note continuano a danzare nell'aria, ogni volta che veniamo a Marais, è bello incontrarci e ascoltare la bellezza delle sue note…


Maria

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nondovrebbefiniremai • Sulle cattedrali francesi di Parigi

2022
𝙰𝚕𝚕’𝚘𝚖𝚋𝚛𝚊 𝚍𝚎𝚕 𝚌𝚞𝚙𝚘𝚕𝚘𝚗𝚎 𝚍𝚎𝚕 𝙿𝚊𝚗𝚝𝚑𝚎𝚘𝚗 𝚜𝚘𝚛𝚐𝚎, 𝚊𝚕 𝚍𝚒 𝚕𝚊̀ 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚂𝚘𝚛𝚋𝚘𝚗𝚊, 𝚒𝚕 𝚌𝚊𝚙𝚘𝚕𝚊𝚟𝚘𝚛𝚘 𝚍𝚎𝚕 𝚚𝚞𝚊𝚛𝚝𝚒𝚎𝚛𝚎 𝙻𝚊𝚝𝚒𝚗𝚘: 𝚕𝚊 𝚌𝚑𝚒𝚎𝚜𝚊 𝚍𝚒 𝚂𝚊𝚒𝚗𝚝-𝙴𝚝𝚒𝚎𝚗𝚗𝚎-𝚍𝚞-𝙼𝚘𝚗𝚝 𝚌𝚘𝚜𝚝𝚛𝚞𝚒𝚝𝚊 𝚊 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚛𝚎 𝚍𝚊𝚕𝚕𝚊 𝚏𝚒𝚗𝚎 𝚍𝚎𝚕 ‘𝟺𝟶𝟶. 𝙽𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚏𝚊𝚌𝚌𝚒𝚊𝚝𝚊 𝚜𝚒 𝚙𝚘𝚜𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚊𝚖𝚖𝚒𝚛𝚊𝚛𝚎 𝚜𝚘𝚟𝚛𝚊𝚙𝚙𝚘𝚜𝚒𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚍𝚒 𝚎𝚕𝚎𝚖𝚎𝚗𝚝𝚒 𝚙𝚘𝚛𝚝𝚊𝚗𝚝𝚒 𝚎 𝚍𝚒 𝚏𝚛𝚘𝚗𝚝𝚘𝚗𝚒, 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚘 𝚊𝚗𝚐𝚘𝚕𝚒 𝚎 𝚌𝚞𝚛𝚟𝚎 𝚌𝚊𝚙𝚛𝚒𝚌𝚌𝚒𝚘𝚜𝚎 𝚎𝚍 𝚒𝚗𝚊𝚝𝚝𝚎𝚜𝚎, 𝚖𝚎𝚗𝚝𝚛𝚎 𝚕’𝚒𝚗𝚝𝚎𝚛𝚗𝚘 𝚎̀ 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚐𝚘𝚝𝚒𝚌𝚘 𝚏𝚒𝚊𝚖𝚖𝚎𝚐𝚐𝚒𝚊𝚗𝚝𝚎, 𝚌𝚘𝚙𝚎𝚛𝚝𝚘 𝚍𝚊 𝚟𝚘𝚕𝚝𝚎 𝚜𝚘𝚛𝚛𝚎𝚝𝚝𝚎 𝚍𝚊 𝚙𝚒𝚕𝚊𝚜𝚝𝚛𝚒 𝚊𝚕𝚝𝚒𝚜𝚜𝚒𝚖𝚒; 𝚒𝚗 𝚏𝚘𝚗𝚍𝚘 𝚊𝚕𝚕𝚎 𝚗𝚊𝚟𝚊𝚝𝚎 𝚜𝚒 𝚊𝚛𝚛𝚊𝚖𝚙𝚒𝚌𝚊𝚗𝚘 𝚍𝚞𝚎 𝚜𝚌𝚊𝚕𝚎 𝚊 𝚌𝚑𝚒𝚘𝚌𝚌𝚒𝚘𝚕𝚊 𝚊 𝚍𝚘𝚙𝚙𝚒𝚘 𝚐𝚒𝚛𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚜𝚘𝚜𝚝𝚎𝚗𝚐𝚘𝚗𝚘 𝚒𝚕 𝚋𝚎𝚕 𝚙𝚘𝚗𝚝𝚒𝚕𝚎-𝚝𝚛𝚊𝚖𝚎𝚣𝚣𝚘 𝚌𝚒𝚗𝚚𝚞𝚎𝚌𝚎𝚗𝚝𝚎𝚜𝚌𝚘. 𝙸𝚗 𝚋𝚊𝚜𝚜𝚘 𝚕’𝚎𝚕𝚎𝚐𝚊𝚗𝚣𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚊𝚛𝚌𝚊𝚝𝚊 𝚜𝚗𝚎𝚕𝚕𝚊, 𝚊𝚙𝚎𝚛𝚝𝚊 𝚒𝚗 𝚊𝚕𝚝𝚘 𝚍𝚊 𝚞𝚗𝚊 𝚕𝚎𝚐𝚐𝚎𝚛𝚒𝚜𝚜𝚒𝚖𝚊 𝚝𝚛𝚊𝚗𝚜𝚎𝚗𝚗𝚊 𝚝𝚛𝚊𝚏𝚘𝚛𝚊𝚝𝚊.
𝚂𝚊𝚒𝚗𝚝-𝙴́𝚝𝚒𝚎𝚗𝚗𝚎-𝚍𝚞-𝙼𝚘𝚗𝚝 𝚎̀ 𝚞𝚗𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚌𝚑𝚒𝚎𝚜𝚎 𝚙𝚒𝚞̀ 𝚋𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚍𝚒 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒 𝚎 𝚜𝚒 𝚝𝚛𝚘𝚟𝚊 𝚜𝚞𝚕𝚕𝚊 𝚖𝚘𝚗𝚝𝚊𝚐𝚗𝚊 𝚂𝚊𝚒𝚗𝚝𝚎-𝙶𝚎𝚗𝚎𝚟𝚒𝚎̀𝚟𝚎. 𝙾𝚐𝚗𝚒 𝚖𝚊𝚝𝚝𝚒𝚗𝚊 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚎𝚗𝚍𝚘 𝚍𝚊 𝚁𝚞𝚎 𝙼𝚘𝚞𝚏𝚏𝚎𝚝𝚊𝚛𝚍, 𝚙𝚎𝚛𝚌𝚘𝚛𝚛𝚎𝚗𝚍𝚘𝚕𝚊 𝚏𝚒𝚗𝚘 𝚊𝚕𝚕𝚊 𝚏𝚒𝚗𝚎, 𝚟𝚎𝚍𝚎𝚛𝚕𝚊 𝚒𝚗𝚜𝚒𝚎𝚖𝚎 𝚊𝚕 𝙿𝚊𝚗𝚝𝚑𝚎𝚘𝚗, 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚊 𝚏𝚊𝚛𝚎 𝚞𝚗 𝚐𝚒𝚛𝚘𝚝𝚘𝚗𝚍𝚘, 𝚎̀ 𝚞𝚗𝚊 𝚟𝚒𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚞𝚗𝚒𝚌𝚊…

𝙻𝚊 𝚌𝚑𝚒𝚎𝚜𝚊 𝚍𝚒 𝚂𝚊𝚒𝚗𝚝-𝚂𝚎́𝚟𝚎𝚛𝚒𝚗 𝚎̀ 𝚞𝚗𝚘 𝚜𝚝𝚛𝚊𝚘𝚛𝚍𝚒𝚗𝚊𝚛𝚒𝚘 𝚎𝚜𝚎𝚖𝚙𝚒𝚘 𝚍𝚒 𝚌𝚑𝚒𝚎𝚜𝚊 𝚐𝚘𝚝𝚒𝚌𝚊, 𝚜𝚒 𝚝𝚛𝚘𝚟𝚊 𝚗𝚎𝚕𝚕’𝚒𝚗𝚌𝚊𝚗𝚝𝚘 𝚍𝚎𝚕 𝚀𝚞𝚊𝚛𝚝𝚒𝚎𝚛𝚎 𝙻𝚊𝚝𝚒𝚗𝚘 𝚍𝚒 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒, 𝚞𝚗𝚘 𝚍𝚎𝚒 𝚙𝚒𝚞̀ 𝚊𝚗𝚝𝚒𝚌𝚑𝚒 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚌𝚒𝚝𝚝𝚊̀. 𝚀𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚌𝚊𝚙𝚘𝚕𝚊𝚟𝚘𝚛𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚊𝚛𝚌𝚑𝚒𝚝𝚎𝚝𝚝𝚞𝚛𝚊 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚎𝚗𝚝𝚊 𝚊𝚕𝚕𝚊 𝚜𝚒𝚗𝚒𝚜𝚝𝚛𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚏𝚊𝚌𝚌𝚒𝚊𝚝𝚊 𝚕𝚊 𝚝𝚘𝚛𝚛𝚎 𝚌𝚊𝚖𝚙𝚊𝚗𝚊𝚛𝚒𝚊 𝚊 𝚝𝚛𝚎 𝚘𝚛𝚍𝚒𝚗𝚒, 𝚕𝚊 𝚚𝚞𝚊𝚕𝚎 𝚘𝚜𝚙𝚒𝚝𝚊 𝚕𝚊 𝚙𝚒𝚞̀ 𝚊𝚗𝚝𝚒𝚌𝚊 𝚌𝚊𝚖𝚙𝚊𝚗𝚊 𝚍𝚒 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒, 𝚍𝚊𝚝𝚊𝚋𝚒𝚕𝚎 𝚊𝚕 𝟷𝟻° 𝚜𝚎𝚌𝚘𝚕𝚘. 𝙰𝚕𝚕’𝚒𝚗𝚝𝚎𝚛𝚗𝚘 𝚍𝚒 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚖𝚊𝚐𝚗𝚒𝚏𝚒𝚌𝚘 𝚎𝚍𝚒𝚏𝚒𝚌𝚒𝚘 𝚛𝚎𝚕𝚒𝚐𝚒𝚘𝚜𝚘 𝚕𝚊 𝚙𝚘𝚎𝚜𝚒𝚊, 𝚕𝚊 𝚝𝚎𝚘𝚕𝚘𝚐𝚒𝚊 𝚎 𝚕𝚊 𝚜𝚙𝚒𝚛𝚒𝚝𝚞𝚊𝚕𝚒𝚝𝚊̀ 𝚜𝚒 𝚒𝚗𝚌𝚘𝚗𝚝𝚛𝚊𝚗𝚘 𝚌𝚘𝚗 𝚜𝚌𝚒𝚎 𝚍𝚒 𝚕𝚞𝚌𝚎 𝚍𝚒𝚜𝚜𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚗𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚘𝚖𝚋𝚛𝚎 𝚜𝚞𝚜𝚜𝚞𝚛𝚛𝚊𝚝𝚎. 𝚂𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚏𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚕𝚊𝚜𝚌𝚒𝚊𝚗𝚘 𝚕𝚎 𝚜𝚙𝚕𝚎𝚗𝚍𝚒𝚍𝚎 𝚟𝚎𝚝𝚛𝚊𝚝𝚎 𝚐𝚘𝚝𝚒𝚌𝚑𝚎, 𝚒𝚗 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚌𝚘𝚕𝚊𝚛𝚎 𝚞𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚗 𝚕'𝙰𝚕𝚋𝚎𝚛𝚘 𝚍𝚒 𝙹𝚎𝚜𝚜𝚎, 𝚞𝚗 𝚟𝚎𝚛𝚘 𝚎 𝚙𝚛𝚘𝚙𝚛𝚒𝚘 𝚌𝚊𝚙𝚘𝚕𝚊𝚟𝚘𝚛𝚘, 𝚌𝚑𝚒𝚊𝚖𝚊𝚝𝚘 𝚊𝚗𝚌𝚑𝚎 𝚝𝚎𝚜𝚘𝚛𝚘 𝚗𝚊𝚜𝚌𝚘𝚜𝚝𝚘 𝚒𝚗 𝚚𝚞𝚊𝚗𝚝𝚘 𝚎̀ 𝚊𝚖𝚙𝚒𝚊𝚖𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚌𝚘𝚙𝚎𝚛𝚝𝚘 𝚍𝚊𝚕𝚕’𝚘𝚛𝚐𝚊𝚗𝚘. 𝙰𝚕𝚕𝚎 𝚟𝚎𝚝𝚛𝚊𝚝𝚎 𝚐𝚘𝚝𝚒𝚌𝚑𝚎 𝚜𝚎 𝚗𝚎 𝚊𝚐𝚐𝚒𝚞𝚗𝚐𝚘𝚗𝚘 𝚊𝚕𝚝𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕 𝚇𝙸𝚇 𝚜𝚎𝚌𝚘𝚕𝚘, 𝚝𝚛𝚊 𝚌𝚞𝚒 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚛𝚊𝚏𝚏𝚒𝚐𝚞𝚛𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚒𝚕 𝙼𝚊𝚛𝚝𝚒𝚛𝚒𝚘 𝚍𝚒 𝚂𝚊𝚗 𝙶𝚒𝚘𝚟𝚊𝚗𝚗𝚒 𝙱𝚊𝚝𝚝𝚒𝚜𝚝𝚊, 𝚎 𝚊𝚕𝚝𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚎𝚙𝚘𝚌𝚊 𝚖𝚘𝚍𝚎𝚛𝚗𝚊, 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚛𝚎𝚊𝚕𝚒𝚣𝚣𝚊𝚝𝚎 𝚍𝚊 𝙹𝚎𝚊𝚗 𝙱𝚊𝚣𝚊𝚒𝚗𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚑𝚊𝚗𝚗𝚘 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚝𝚎𝚖𝚊 𝚒 𝚜𝚎𝚝𝚝𝚎 𝚜𝚊𝚌𝚛𝚊𝚖𝚎𝚗𝚝𝚒.
𝚄𝚗𝚊 𝚜𝚘𝚕𝚊 𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚗𝚘𝚗 𝚋𝚊𝚜𝚝𝚊, 𝚗𝚎𝚖𝚖𝚎𝚗𝚘 𝚌𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚏𝚊𝚛𝚜𝚒 𝚋𝚊𝚜𝚝𝚊𝚛𝚎 𝚝𝚊𝚗𝚝𝚊 𝚋𝚎𝚕𝚕𝚎𝚣𝚣𝚊…
𝚂𝚎 𝚜𝚎𝚒 𝚊 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒 𝚎̀ 𝚞𝚗 𝚕𝚞𝚘𝚐𝚘 𝚍𝚘𝚟𝚎 𝚟𝚎𝚗𝚒𝚛𝚌𝚒 𝚜𝚙𝚎𝚜𝚜𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚊𝚜𝚌𝚘𝚕𝚝𝚊𝚛𝚎 𝚜𝚎 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚒 𝚊𝚗𝚌𝚑𝚎 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚞𝚗 𝚖𝚒𝚗𝚞𝚝𝚘, 𝚎 𝚝𝚘𝚌𝚌𝚊𝚛𝚎 𝚕𝚎 𝚌𝚘𝚛𝚍𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚊𝚗𝚒𝚖𝚊 𝚘𝚕𝚝𝚛𝚎 𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚌𝚛𝚎𝚍𝚘.

𝟷𝟾𝟼𝟸, 𝚖𝚘𝚗𝚞𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚜𝚝𝚘𝚛𝚒𝚌𝚘 𝚍𝚒 𝙵𝚛𝚊𝚗𝚌𝚒𝚊.



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