raccolte in ordine sparso #1 Grand Tour
raccolte in ordine sparso #1
Attilio Brilli con Simonetta Neri
Le Viaggiatrici del Grand Tour
Nel parlare dei loro viaggi, le scrittrici che s'affacciano su queste pagine raccontano in realtà momenti cruciali delle loro vite. Le loro appassionate, sofferte, drammatiche narrazioni coprono l'arco di un secolo, da Anne Marie du Boccage a Jessie E. Westropp...
Le opinioni su una civiltà straniera dovrebbero scaturire da un confronto sereno e obiettivo perché, suo tramite, la stessa civiltà domestica presa come pietra di paragone può risaltare più compiutamente nei suoi pregi e nei suoi limiti... Quando i viaggi femminili sono diventati ormai una consuetudine relativamente consolidata anche presso le classi intermedie, Elizabeth Rigby, esperta d'arte e collaboratrice del marito Charles Eastlake, direttore della National Gallery londinese, tira le somme del fenomeno ponendo in evidenza come , in poco meno di un secolo, le viaggiatrici abbiano acquistato una capacità di osservazione che, fin quando sono rimaste accanto al focolare a contare gli strofinacci, non ha avuto modo di manifestarsi. La donna suole osservare il mondo da un verde dosso del proprio giardino del quale coglie un'esauriente visione della casa, delle opere che si svolgono e degli scenari domestici, ma non comprende la visuale più ampia e lontana che s'apre all'uomo da una maggiore altura. Questa limitata visione della donna evocata alla fine del Settecento da Hannah More in un saggio sulla condizione femminile britannica, è, simbolicamente, il frutto dell'educazione femminile che può considerarsi già conclusa, come afferma Mary Berry, nwel momento in cui la mente comincia ad aprirsi come un fiore e ad aprire alla conoscenza. La cultura è necessaria alla felicità delle donne aveva aggiunto lady Mary Wortley Montagu, mentre l'ignoranza è fertile terreno per ogni genere di frustrazioni e di errori nella condotta personale. Il destino delle donne assomiglia a quello degli schiavi affrancati, sostiene Madame de Stae, se vogliono salire di grado, le si rimprovera di arrogarsi un diritto che la legge non ha concesso loro, se non lo fanno, vengono trattate come se la schiavitù fosse la loro inalienabile condizione. Parole, queste, che sembrano una risposta alla battuta di Montesquieu secondo la quale l'essere schiave domestiche è, per le donne, sempre meglio che essere schiave effettive. Ci sono donne che cercano in ogni modo di coltivare le proprie aspirazioni culturali e persino di dichiararle a viso aperto, come gesto di autonomia, se non sfida. Quest'ultimo atteggiamento ha la possibilità di manifestarsi nell'epletamento e nella narrazione del Grand Tour, il viaggio di formazione e di accrescimento culturale per antonomasia. E' questa l'occasione per rendere palese quanto, più o meno tacitamente, si è appreso in famiglia o per iniziativa personale... molte donne che si mettono in viaggio stendono relazioni caratterizzate da una sensibilità topografica, storica, antropologica non comune; altre compongono album di disegni e di acquerelli altrettanto importanti da un punto di vista documentario. Le viaggiatrici sono tra le prime a far propria una concezione sentimentale del viaggio che si traduce in un atteggiamento benevolente verso il prossimo e, soprattutto, verso ogni forma di diversità, scalzando il senso di superiorità del viaggiatore che si sente tetragono sostenitore dei propri supposti valori, e mitigando il suo arrogante individualismo di forestiero. Per le viaggiatrici la donna è l'unica creatura che ha il potere di evocare l'antichità dalle oscure latebre del tempo, fino a ridonarle una pur effimera parvenza vitale. Ne è testimone Elisabeth Vigee Le Brun che ritrae Emma Hamilton in quelle pose della statuaria antica che Emma suole assumere in tableaux vivants per il diletto degli ospiti delll'Ambasciata britannica a Napoli, e dei viaggiatori del Grand Tour. Anche la creatura di Madama de Stael, Corinne, evoca l'antico per come appare la prima volta nel romanzo, con le braccia di una bellezza smagliante e la corporatura alta e un pò robusta, "simile a quella delle statute greche." A somiglianza della Sibilla, Corinne è dotata della facoltà di mediare fra il passato e il futuro, un potere che dolorosamente conferma allorché interpreta l'ultimo suo canto a Capo Miseno, sentendosi "esule da un altro mondo", sacerdotessa che comunica gli oracoli di una potenza imprevedibile e crudele. Nella mitica figura della Sibilla le viaggiatrici dell'età romantica identificano la voce stessa della poesia come spontanea, traboccante, espressione di sentimenti i quali illuminano la realtà infondendole la vita.
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