Progetto Minutera Itinerante


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sei luglio 2024 ad un anno dal progetto

Questo progetto, dal primo istante aveva ben chiaro il suo obiettivo: aldilà di una filosofia di vita che ognuna di noi stava abbracciando, il cuore e la necessità non erano solo quelli di riprendere con nostalgia l’antica pratica argentica, né dimostrare solo bravura tecnica o maestria dell’utilizzo dello strumento. Quello da cui ognuna con la sua formazione è partita, io come fotografia, Felisia come curatrice, è stato il desiderio di ripercorrere e scovare storie che pongono l’attenzione sull’importanza della memoria, un ritorno ad una poetica della fotografia e le tracce del tempo attraverso luoghi e volti umani. Per ritorno si intende riprendere di nuovo coscienza che la presenza umana, insieme ai luoghi, si è smarrita nella velocità di un mondo che a furia di guardare avanti è ignaro del passato e del presente. La creazione di immagini ha fatto dimenticare che la fotografia si tocca, ha un supporto materico, va custodita in album di famiglia, in libri d’artista. Siamo partite e vissuto qualche mese a Parigi, per contaminarci e saturarci come solo là Ville Lumiere sa fare, abbiamo rovistato tra vecchie carte de visite delle Bouquinistes lungo la Senna, abbiamo percorso chilometri in auto per essere all’Atelier Malicot, respirare la magia e la sua luce, incontrare professionisti e appassionati, per poi ritornare in Italia e muoverci tra le città d’arte, teatro di strada e mercati di antiquariato. Un percorso sulla fotografia e il viaggio, con al centro la figura della donna flaneuse, con una scatola magica di legno che realizza fotografie su carta ai sali d'argento.

Ritrattistica istantanea, itinerante, un’azione teatrale: impronta di presenza. Nel momento stesso in cui nasce la stampa da quella scatola magica si afferma la propria esistenza, la necessità, il bisogno di svelarla al mondo. Il fascino, il mistero, misterioso seppur svelato, sembra quasi una magia realizzata da un artista del gioco, quelli di magia, funamboli, sognatori e sognatrici… una mano si muove all’interno della scatola, ad uscirne è una fotografia, unica e irripetibile. E’ come quel gioco infantile, il girotondo, dove però non si accelera il corpo per provare quel piacere di stordimento, dove tutto l’ambiente intorno si trasforma in un caos luminoso con quella lanterna magica. Con quel mio gioco cerco di ricreare attraverso la memoria quell’anima infantile che vi è in me, attraverso il mio corpo e quel che può fare, con lentezza. Lo ricorda un fotografo del 900, J.H. Lartigue “da bambino socchiudevo gli occhi in modo da non lasciare che una sottile fessura attraverso la quale guardavo intensamente ciò che volevo vedere, poi giravo tre volte su me stesso pensando che avrei intrappolato quanto avevo guardato e conservato all’infinito non solo ciò che avevo ma anche gli odori e i rumori. Evidentemente a lungo andare mi sono accorto che il mio trucco non funzionava ed è allora che mi sono servito di una macchina fotografica.” Il suo stesso corpo come l’apparecchio fotografico, la camera del suo occhio a quello dell’attrezzo tecnico, il tempo di posa a tre giri su se stesso… la scelta della felicità, dare un senso al proprio vissuto, esserci e ricordare di esserci con una scatola magica dentro l’instancabile intreccio di vite, riflessioni e memorie. Creare l’”io” in una visione intrisa di malinconia, una malinconia resistenziale dove si ferma il tempo, si afferra l’istante, il destino effimero di ogni gioia. Una scelta ogni volta. Una scelta artistica, autentica. Mentre Lartigue fermava l’essenza stessa del divenire, il movimento, io mi osservo e mi ritrovo a ritornare ad un inizio, non certo a fermarmi, ma a ricominciare ad osservare tutto ciò che si ferma senza più, almeno per ora, inseguirlo. Ad accogliere chi non cerca una semplice riproduzione di un’immagine virtuale, digitale ma che necessita di sentirsi attraverso un rito che, trova radici in quel girotondo antico, in un luogo, in uno spazio fatto di luce.
Maria

Sulla fotografia istantanea
L'arte della fotografia istantanea: un viaggio tra passato e presente.
Nell'era digitale, dove la velocità è regina e l'immediatezza regna sovrana, la fotografia istantanea si erge a baluardo di un'epoca passata, dove il tempo era scandito da ritmi più lenti e la pazienza era una virtù necessaria. Eppure, il bisogno di immortalare un momento fugace, di catturare l'essenza di un istante irripetibile, è un desiderio che accompagna l'uomo fin dai primordi della fotografia. Frederick Scott Archer, nel lontano 1853, rivoluzionò il mondo fotografico con la sua "fotocamera istantanea", aprendo la strada a una nuova era di sperimentazione e creatività. Ben prima dell'avvento delle Polaroid, fotografi itineranti in diverse parti del mondo, come in Afghanistan, affinavano la loro arte con macchine-laboratorio completamente autonome. Le kamra-e-faoree, "macchine fotografiche istantanee" in persiano, sono vere e proprie scatole magiche in legno che racchiudono al loro interno l'intero processo di sviluppo: dall'esposizione alla stampa finale. I fotografi, abili artigiani della luce, immergono la loro mano in un manicotto a tenuta di luce per estrarre un foglio di carta fotosensibile dalla scatola all'interno della macchina. Dopo l'esposizione, il foglio viene immerso in vaschette con reagenti chimici, sempre all'interno della kamra-e-faoree, dando vita a un'immagine negativa. Questa, a sua volta, viene ri-fotografata su un apposito sostegno, completando il processo con la stampa finale: una fotografia unica e irripetibile. La tradizione delle Afghan Camera e di altre fotocamere istantanee come la Minutera spagnola rappresenta un ponte tra passato e presente, un affascinante viaggio alla scoperta delle radici della fotografia e del fascino immortale dell'immagine istantanea. Oltre all'aspetto storico e tecnico, questa tradizione ci insegna ad apprezzare il valore del tempo: la fotografia istantanea ci obbliga a rallentare, a riflettere sul momento che vogliamo catturare, a vivere l'esperienza con maggiore consapevolezza, a coltivare la pazienza: l'attesa del risultato finale, che non è immediato come con la fotografia digitale, diventa parte integrante del processo creativo, a gestire l'imprevedibilità: ogni foto è un'avventura, un esperimento irripetibile in cui l'elemento di sorpresa gioca un ruolo fondamentale.
L'arte della fotografia istantanea non è solo nostalgia per un tempo passato, ma una filosofia di vita che celebra la bellezza dell'imperfezione, l'unicità dell'attimo e il valore inestimabile dell'esperienza.

Instagram: fotografia minutera itinerante
Facebook: in un istante di tempo

sei luglio 2023
Mentre siamo in viaggio porto con me, "tra la pelle e il cuore", la mia macchina fotografica. Da qualche tempo con Felisia ne portiamo una che dentro ha la magia di un tempo. Ora qui, nelle città che scopriamo, nei luoghi che ci accolgono, nei volti che osserviamo. Una vecchia musica in sottofondo, su carta ai sali d’argento la suggestiva esposizione di un negativo. In quei brevi secondi si toglie il copriobiettivo, la luce si insinua, Felisia ed io come due anime infantili che fanno a gara per la loro biglia di vetro, inseriamo il braccio all’interno di una manica nera per toccare con mano ciò che la luce ha creato fino ad esistere in una fotografia. Questo non è semplicemente un progetto, come anche non dovrebbe finire mai, che si mescolano e vivono parallelamente, ma una necessità di vivere la nostra vita con filosofia, arte, bellezza e la magia del tempo della nostra esistenza. La nostra camera istantanea, macchina fotografica, lanterna magica, scatola della meraviglia, nasce da un primo incontro, voluto dal fato, in una stradina di Arles all’ombra dell’anfiteatro, sulle scale di un vecchio palazzo con un grosso portone di legno scuro. A giocare con la sua scatola c’era Guillaume, un giovane fotografo francese, concentrato con le mani in un piccolo secchiello d’acqua dove si muovevano dei bianchi e neri dieci quindici. Ci siamo fermate, ci siamo raccontati e senza remore ci siamo fatte fotografare, immortalare quell’istante irripetibile, mentre passavamo di lì. Il secondo incontro è stato ancora più profondo, poiché Lukas, a quanto pare anche lui mago della fotografia, ci fa conoscere una storia che ha origini tra le strade di Kabul dove era concesso realizzare solo foto tessere d’identità; quella storia è diventata un suo progetto di vita e nella costruzione di scatole magiche aiuta giovani senza lavoro e richiedenti asilo. Questa bella storia ci è piaciuta tanto e abbiamo deciso di affidarci a lui nel realizzare gli elementi della nostra scatola, per poi costruircela pezzo dopo pezzo fino a portarla con noi nei nostri viaggi per poter documentare incontri con i volti del mondo. Ed è così che tutto è iniziato… anche se in fondo ogni inizio ha radici in qualcosa che è già stato e, per quanto difficile, perseveriamo nel portare avanti un progetto che va oltre la mera produzione fotografica, che anzi volge lo sguardo all’umanità con uno spirito creativo, attraverso il gioco, attraverso il dialogo, occhi di meraviglia, cercando quella gioia che spesso viene negata a chi vive in terre oppresse e dimenticate.
Maria

La prima volta che ho incontrato la fotografia, quella vera, capace di raccontare storie, di toccare con delicatezza l’anima delle persone è stato nel duemiladieci, quando, mi sono imbattuta nei racconti di Maria. Con i suoi reportage volti a raccontare con delicatezza la vita, gli ultimi e i loro diritti ho visto la storia delle persone che aveva incrociato, ho iniziato a guardarmi intorno con sguardo critico, a riflettere sull’uso delle immagini e mi sono appassionata, percorrendo una strada poco battuta, all’arte del racconto attraverso la luce con un’accezione completamente diversa. Essendo figlia della tecnologia e occupandomi di comunicazione, ho vissuto in una realtà che viaggia su un binario lontano dal mondo a cui mi sono avvicinata, la fotografia analogica e, ancora più intima, quella minutera. La prima volta che ho visto una scatola magica è accaduto in Provenza, in uno dei miei numerosi viaggi con Maria, nel centro di Arles dove, un fotografo minutero, realizzava fotografie catturando la mia attenzione… ci siamo fermate ad osservarlo prima di dargli la possibilità di ritrarci e di donarci un istante. Ho vissuto quell’esperienza come una magia, l’attesa, lo scatto, la luce che ha disegnato sulla carta ed infine, il nostro ritratto tra le mani ricevuto con emozione, la possibilità di toccare con mano, in quel momento, una vera fotografia. Con Maria ci siamo guardate dinanzi a quella scatola pensando la stessa cosa, quella lanterna magica sarebbe stata con noi alle prossime partenze. Ancora una volta, lei con la fotografia e io con la cura, in ogni dettaglio, avremo dato vita ad nuovo progetto itinerante e… alla deriva. Abbiamo costruito pezzo dopo pezzo il nostro scrigno tra odore di legno e colla, quando per la prima volta l’ho vista nella sua completezza ho pensato che quella scatola avrebbe di certo saputo stupirmi. Ho iniziato a leggere di tempo e luce, a scrutare chi e come decide di imprimere le immagini sulla carta, ad ogni fotografia realizzata sento di imparare qualcosa. Tutto nasce dalla lentezza dei movimenti, lì, accanto alla scatola, mi sento catapultata in un’altra dimensione, in un tempo scandito da una piccola clessidra… quando apriamo lo sportellino di legno per scoprire qual è l’immagine che la luce ha deciso di donarci, mi emoziono e sento di aver sempre rincorso il tempo mentre ora è lui ad offrirsi a me. Per la prima volta, con la fotografia minutera, penso di potermi fermare e, mentre ciò accade, incontro occhi, ascolto storie, disegniamo cerchi infiniti realizzando quelle che Maria chiama "carte geografiche della presenza umana".
Felisia

La piccola casa sorgeva su una collina leggermente pendente, avvolta da un mantello di verde lussureggiante. Il tetto a falde basse, si mimetizzava con la natura circostante, mentre le pareti in legno bianco emanavano un'aura di semplicità e calore. Dalla casa si estendeva un giardino intricato, con piccoli sentieri di pietra che si intrecciavano tra alberi frondosi e fiori dai colori vivaci. Un piccolo ruscello scorreva dolcemente, cullato dal vento che accarezzava le foglie e danzava tra i rami. La baia si apriva di fronte alla casa, uno specchio d'acqua cristallina che brillava sotto il sole. Un pontile di legno si protendeva nell'acqua invitando alla contemplazione del mare, dei suoi segreti e delle sue meraviglie. Le montagne all'orizzonte sembravano abbracciare la baia, creando un abbraccio intimo tra terra e mare. Nella distanza, un gruppo di piccole barche a vela danzava sulle onde, come se fossero creature viventi che si muovevano al ritmo dolce della natura. L'atmosfera attorno alla casa era impregnata di tranquillità e mistero, come se in quel luogo il confine tra il mondo umano e quello fantastico si assottigliasse, lasciando spazio a una realtà dove la magia si intrecciava con la vita di tutti i giorni. Noi, due sognatrici incallite, giungemmo stanche ma piene di idee, in questo angolo di mondo, dove trovammo una stanza luminosa con finestre spalancate sul mare che catturavano la luce dorata del tramonto. Con una scatola di legno e piccoli strumenti da laboratorio, mettemmo insieme una lanterna magica. Tutto iniziò molto prima, ho sempre avuto quel bisogno di conservare i momenti, e mi ritrovo a trascinarmi scatole di cartone con dentro la vita, spesso da alleggerire, altre volte da lasciare in soffitta, ogni volta comunque da guardare come in riflessi di piccole biglie… conservare souvenir dai nostri viaggi è rimasta una costante, tesori di epoche passate ricordi intrecciati di anime vagabonde, carte ingiallite, disegni sbiaditi che raccontano storie di viaggi, esperienze ed emozioni vissute. Tante sono le fotografie, sbiadite ma intrise di vita, che mostrano panorami lontani e volti sconosciuti catturati nell'istante. Ci sono negativi, fragili frammenti di memoria pronti a riportare in vita momenti di gioia, tristezza o pura meraviglia. Le carte, segnate da annotazioni scritte a mano, narrano di luoghi esotici, incontri fortuiti e sogni non ancora realizzati. I disegni, alcuni abbozzati con cura artistica, altri veloci schizzi di ispirazione improvvisa, rappresentano visioni personali di mondi immaginari o dettagli minuti di luoghi reali. Ogni tratto racchiude un frammento di anima e di passione. Torna costantemente come oggetto una scatola, che accoglie e racchiude, come un tesoro di un museo segreto, un luogo in cui il passato e il presente si intrecciano in un mosaico di ricordi che aspettano solo di essere scoperti e portati di nuovo alla luce. Da questa baia a guardare il mare, ci sono frammenti di cristallo, conchiglie brillanti e sottili fette di pietre preziose… un biancospino con perla, differenti sfumature di colore, la naturale bellezza che mostra il tempo… Una sera, cercammo di dare calore a una nuova creazione, la stanza si riempì di immagini incantate che danzavano sulle pareti. Si udivono le voci immaginarie di creature fantastiche e viaggi infiniti, alle pareti proiezioni di luce… fu cosi che decidemmo di costruirne una lanterna magica tutta nostra. L’incontro avvenuto in Provenza nella cittadina di Arles, lasciò nella mente quell’istante di una fotografia in bianco e nero che galleggiava nell’acqua dopo esser nata sulla magia dei sali d’argento. Dovevamo solo mettere insieme i pezzi, ne erano molti… legno, forme, vernice, colla, maniglie, intarsi… e la bellezza del costruire qualcosa con le proprie mani, immersi nella musica, con un buon vino. È come un rituale che unisce la creatività, il piacere dei sensi e l'aspettativa per ciò che verrà. Il tempo trascorso è stata una connessione speciale, in cui ogni dettaglio prese vita sotto le nostre mani mentre la musica e il buon vino aggiungevano magia all'atmosfera. Quelle speranze intessute in ogni chiodo o colla applicata probabilmente sono diventate parte integrante di quella scatola, trasformandola in qualcosa di più di un semplice oggetto. Quando il lavoro è completato e la scatola è pronta, contiene non solo pezzi di legno ben assemblati, ma anche un frammento di quella notte indimenticabile, carica di emozioni e di prospettive luminose per il futuro. Mettemmo in funzione la lanterna socchiudendo gli occhi. Le pareti della casa erano vive di un incantesimo che trasformava gli interni in un diorama vivo dell'800. Le proiezioni danzavano come ballate di un'epoca dimenticata, un carosello di movimenti e colori che raccontavano storie senza nomi, erano voci, erano suoni, erano granelli di sabbia che brillavano come perle. La luce soffusa delle proiezioni ricreava atmosfere mistiche, come petali di fiori al vento, mentre la musica riempiva l'aria unita al vortice di quella gioia senza tempo. La stanza con le sue pareti animate, sembrava essere un portale magico che conduceva in un mondo di emozioni intrecciate, come se il tempo si fosse fermato per dare vita a uno spettacolo incantato proprio lì, tra quelle mura accoglienti. Eravamo catapultate nel castello errante di Howl, sopra le colline come un miraggio nella nebbia. Più trascorreva la notte, più quelle pareti sembravano un caleidoscopio di colori, riflessi e forme mutevoli, come se fossero dipinte con la polvere di stelle. Accade di tutto nei sogni, finestre che si aprono su paesaggi incantevoli, boschi fatati e città pulsanti di vita. Ci ritrovammo all'alba del giorno in spiaggia, a piedi nudi nell'umidità del mattino e con una tisana calda che ci scaldava le mani, come a scaldarci il cuore… guardando l'arrivo dell'autunno.
Rimanemmo lì, sedute sulla sabbia, immerse nei pensieri che danzavano tra la lanterna magica e l’essenza della fotografia. Quel momento all'alba, tra le onde del mare e i colori dell'autunno, divenne una nuova pagina dei nostri taccuini di viaggio, un ricordo che avrebbe continuato a illuminare il nostro percorso nell'arte e nella bellezza della vita. Incantate dalla camera oscura, dall’incertezza che accompagna gli istanti sospesi, viaggiamo con una scatola di legno che diventa una macchina fotografica istantanea, come nei primi anni del ‘900, una valigia di cuoio, taccuino, libri, un portatile, e attrezzata per lo sviluppo. Girovaghiamo per scoprire volti, espressioni, culture, tra le piazze delle città, dei piccoli paesi, tra borghi e piccoli scorci di mare, tra festival d’arte e mercatini di antiquariato realizzando ritratti, rigorosamente in bianco e nero che hanno il sapore e il fascino dei vecchi e preziosi album di famiglia, un po’ sbiaditi dal tempo. Una fotografia «lenta», di attesa, quel tempo incerto, fra lo scatto e il risultato finale, è ciò che ci spinge a seguire questa passione e renderla contemporaneamente una professione. Oltre la strada, il nostro piccolo Atelier, casa studio, tappezzato di stampe, oggetti, storie e degli altri lavori artistici, oggetti di viaggio, una libreria di illustrati e libri d’arte visiva, poesia e letteratura. Giorno dopo giorno, ora, adesso, istanti …coltiviamo il progetto di portare la nostra camera oscura itinerante in giro per il mondo.

"Sento forte la necessità di lasciare traccia, un documento personale e sociale. Sento che i documenti, una fotografia, sono dinamici e non statici, e oltre a cercare, ricercare, è importante custodire. Devo continuare a narrare, a creare un archivio fotografico che sempre è costruito sulla memoria sociale. Esplorare luoghi, camminarci dentro, consapevole che non esiste archivio senza un luogo di consegna che ne assicuri la possibilità di memorizzazione... continuare a creare, osservare, posare lo sguardo sulla memoria, sull’identità attraverso il linguaggio stesso della fotografia e della poesia".



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Dès le début de ce projet, nous avions une vision claire de notre objectif. Au-delà d'une philosophie de vie que chacune de nous, en cheminant ensemble, était en train d'adopter, notre cœur et notre besoin dépassaient largement celui de renouer avec nostalgie avec l'ancienne pratique argentique, ou de démontrer simplement notre habileté technique ou notre maîtrise de l'outil. Ce qui nous a motivées, moi avec mon expérience dans la photographie et Félicie avec la sienne dans la communication, c'était le désir de retracer et de découvrir des histoires qui mettent l'accent sur l'importance de la mémoire, un retour à une poétique de la photographie et aux traces du temps à travers les lieux et les visages humains. Lorsque nous parlons de retour, nous entendons par là retrouver la conscience que la présence humaine, tout comme les lieux, s'est perdue dans la vitesse d'un monde qui, en regardant sans cesse vers l'avenir, ignore le passé et le présent. Nous voulons dire que la création d'images a fait oublier que la photographie se touche, qu'elle a un support matériel, qu'elle se conserve dans des albums de famille, dans des livres d'artiste... Nous avons vécu quelques mois à Paris, pour nous imprégner et nous saturer comme seule la Ville Lumière sait le faire. Nous avons fouillé parmi les vieilles cartes de visite des bouquinistes le long de la Seine, nous avons parcouru des kilomètres en voiture pour atteindre l'Atelier Malicot, respirer la magie et sa lumière, rencontrer des professionnels et des passionnés, avant de revenir en Italie et de nous déplacer entre les villes d'art, les théâtres de rue et les marchés d'antiquités. Un parcours sur la photographie et le voyage, au centre duquel se trouve la figure de la femme flâneuse... avec une boîte magique en bois qui réalise des photographies sur papier aux sels d'argent.
"Je ressens fortement le besoin de laisser une trace, un document personnel et social. Je sens que les documents, une photographie, sont dynamiques et non statiques, et qu'au-delà de chercher, de rechercher, il est important de conserver. Je dois continuer à raconter, à créer un archive photographique qui se construit toujours sur la mémoire sociale. Explorer les lieux, les parcourir, consciente qu'il n'existe pas d'archive sans un lieu de dépôt qui en assure la possibilité de mémorisation... continuer à créer, à observer, à poser le regard sur la mémoire, sur l'identité à travers le langage même de la photographie et de la poésie."


Six juillet 2023
En voyage, j'emporte avec moi, "entre ma peau et mon cœur", mon appareil photo. Depuis quelque temps, avec Félicie, nous en transportons un qui renferme la magie d'antan. Aujourd'hui ici, dans les villes que nous découvrons, les lieux qui nous accueillent, les visages que nous observons. Une vieille mélodie en fond sonore, sur du papier au sel d'argent, la suggestive exposition d'un négatif. En ces quelques secondes, on ôte l'objectif, la lumière s'infiltre, Félicie et moi, comme deux âmes d'enfants qui se disputent une bille de verre, glissons notre bras dans une manche noire pour toucher du doigt ce que la lumière a créé jusqu'à exister en une photographie. Ce n'est pas simplement un projet, comme il ne devrait jamais se terminer, qui se mêlent et vivent en parallèle, mais une nécessité de vivre notre vie avec philosophie, art, beauté et la magie du temps de notre existence. Notre chambre instantanée, appareil photo, lanterne magique, boîte à merveilles, est née d'une première rencontre, voulue par le destin, dans une ruelle d'Arles à l'ombre de l'amphithéâtre, sur les marches d'un vieux palais avec une grosse porte en bois sombre. C'est là que Guillaume, un jeune photographe français, jouait avec sa boîte, concentré, les mains dans un petit seau d'eau où dansaient des noirs et des blancs. Nous nous sommes arrêtées, nous nous sommes raconté et sans hésitation, nous nous sommes laissées photographier, immortaliser cet instant unique, alors que nous passions par là. La deuxième rencontre a été encore plus profonde, car Lukas, lui aussi magicien de la photographie semble-t-il, nous a fait découvrir une histoire qui trouve ses origines dans les rues de Kaboul où seules les photos d'identité étaient autorisées ; cette histoire est devenue son projet de vie et il construit des boîtes magiques pour aider les jeunes sans emploi et les demandeurs d'asile. Nous avons beaucoup aimé cette belle histoire et avons décidé de lui confier la réalisation des éléments de notre boîte, pour ensuite la construire pièce par pièce et l'emporter avec nous dans nos voyages afin de documenter les rencontres avec les visages du monde. Et c'est ainsi que tout a commencé... même si au fond chaque commencement a des racines dans quelque chose qui a déjà existé et, aussi difficile que cela puisse être, nous persévérons dans ce projet qui va au-delà de la simple production photographique, qui tourne plutôt son regard vers l'humanité avec un esprit créatif, à travers le jeu, à travers le dialogue, avec des yeux émerveillés, en cherchant cette joie qui est souvent refusée à ceux qui vivent dans des terres opprimées et oubliées.
Maria

La première fois que j'ai rencontré la photographie, celle qui est véritablement capable de raconter des histoires, de toucher délicatement l'âme des personnes, c'était en 2010, lorsque je suis tombée sur les récits de Maria. Avec ses reportages destinés à raconter avec délicatesse la vie, les derniers et leurs droits, j'ai vu l'histoire des personnes qu'elle avait croisées, j'ai commencé à regarder autour de moi d'un œil critique, à réfléchir sur l'usage des images et je me suis passionnée, empruntant un chemin peu fréquenté, pour l'art du récit à travers la lumière sous un angle complètement différent. Étant fille de la technologie et travaillant dans la communication, j'ai vécu dans une réalité qui voyage sur une voie parallèle au monde auquel je me suis rapprochée, la photographie argentique et, encore plus intime, la photographie instantanée. La première fois que j'ai vu une boîte magique, c'était en Provence, lors d'un de mes nombreux voyages avec Maria, dans le centre d'Arles où un photographe instantané, captait mon attention... nous nous sommes arrêtées pour l'observer avant de lui donner la possibilité de nous portraiturer et de nous offrir un instant. J'ai vécu cette expérience comme une magie, l'attente, le déclenchement, la lumière qui a dessiné sur le papier et enfin, notre portrait entre nos mains reçu avec émotion, la possibilité de toucher du doigt, à ce moment-là, une vraie photographie. Avec Maria, nous nous sommes regardées devant cette boîte en pensant la même chose, cette lanterne magique serait avec nous lors de nos prochaines escapades. Encore une fois, elle avec la photographie et moi avec le souci du détail, nous aurions donné vie à un nouveau projet itinérant et... à la dérive. Nous avons construit pièce par pièce notre écrin entre l'odeur du bois et de la colle, quand pour la première fois je l'ai vue dans sa totalité, j'ai pensé que cette boîte saurait certainement me surprendre. J'ai commencé à lire sur le temps et la lumière, à observer qui et comment décide d'imprimer les images sur le papier, à chaque photographie réalisée, je sens que j'apprends quelque chose. Tout naît de la lenteur des mouvements, là, à côté de la boîte, je me sens catapultée dans une autre dimension, dans un temps rythmé par un petit sablier... quand nous ouvrons le volet en bois pour découvrir quelle est l'image que la lumière a décidé de nous offrir, je suis émue et je sens que j'ai toujours couru après le temps alors qu'à présent, c'est lui qui s'offre à moi. Pour la première fois, avec la photographie instantanée, je pense pouvoir m'arrêter et, pendant ce temps, je croise des regards, j'écoute des histoires, nous dessinons des cercles infinis en réalisant ce que Maria appelle des "cartes géographiques de la présence humain".

Felisia

Portrait instantané, itinérant, une action théâtrale: empreinte de présence

Au moment même où l'image naît de cette boîte magique, s'affirme son existence, sa nécessité, son besoin de se révéler au monde. Le charme, le mystère, mystérieux bien qu'évident, semble presque une magie réalisée par un artiste du jeu, de ces magiciens, funambules, rêveurs et rêveuses... une main se meut à l'intérieur de la boîte, en sort une photographie, unique et irrépétable. C'est comme ce jeu d'enfant, la ronde, où l'on n'accélère pas le corps pour éprouver ce plaisir d'étourdissement, où tout l'environnement se transforme en un chaos lumineux avec cette lanterne magique. Avec ce jeu, j'essaie de recréer à travers la mémoire cette âme d'enfant qui sommeille en moi, à travers mon corps et ce qu'il peut faire, avec lenteur. Un photographe du XXe siècle, J.H. Lartigue, le rappelle : "Enfant, je plissais les yeux de manière à ne laisser qu'une fine fente par laquelle je regardais intensément ce que je voulais voir, puis je tournais trois fois sur moi-même pensant que j'aurais ainsi capturé ce que j'avais regardé et conservé à l'infini non seulement ce que j'avais vu mais aussi les odeurs et les bruits. Évidemment, avec le temps, je me suis rendu compte que mon truc ne fonctionnait pas et c'est alors que je me suis servi d'un appareil photo." Son propre corps comme appareil photo, la chambre de son œil à celle de l'outil technique, le temps de pose à trois tours sur soi-même... le choix du bonheur, donner un sens à sa propre vie, être là et se souvenir d'être là avec une boîte magique au cœur de l'inlassable entrelacement des vies, des réflexions et des mémoires. Créer le "je" dans une vision imprégnée de mélancolie, une mélancolie résistante où le temps s'arrête, où l'on saisit l'instant, le destin éphémère de chaque joie. Un choix à chaque fois. Un choix artistique, authentique. Tandis que Lartigue arrêtait l'essence même du devenir, le mouvement, je m'observe et je me retrouve à revenir à un commencement, pas pour m'arrêter, mais pour recommencer à observer tout ce qui s'arrête sans plus, du moins pour l'instant, l'inlassablement poursuivre. À accueillir celui qui ne cherche pas une simple reproduction d'une image virtuelle, digitale, mais qui a besoin de se sentir à travers un rituel qui trouve ses racines dans cette ancienne ronde, dans un lieu, dans un espace fait de lumière.

Maria

L'art de la photographie instantanée: un voyage entre passé et présent

À l'ère du numérique où la vitesse est reine et l'immédiateté règne en maître, la photographie instantanée se dresse comme un bastion d'une époque révolue, où le temps était rythmé par des tempos plus lents et où la patience était une vertu nécessaire. Pourtant, le besoin d'immortaliser un moment fugace, de capturer l'essence d'un instant irréversible, est un désir qui accompagne l'homme depuis les prémices de la photographie. Frederick Scott Archer, dès 1853, révolutionna le monde photographique avec sa "caméra instantanée", ouvrant la voie à une nouvelle ère d'expérimentation et de créativité. Bien avant l'avènement des Polaroid, des photographes itinérants dans différentes parties du monde, comme en Afghanistan, affinaient leur art avec des machines-laboratoires entièrement autonomes. Les kamra-e-faoree, "caméras photographiques instantanées" en persan, sont de véritables boîtes magiques en bois qui renferment en elles-mêmes tout le processus de développement : de l'exposition à l'impression finale. Les photographes, habiles artisans de la lumière, plongent leur main dans un manchon étanche à la lumière pour extraire une feuille de papier photosensible de la boîte à l'intérieur de la machine. Après l'exposition, la feuille est immergée dans des cuvettes contenant des réactifs chimiques, toujours à l'intérieur de la kamra-e-faoree, donnant naissance à une image négative. Celle-ci, à son tour, est re-photographiée sur un support approprié, complétant le processus avec l'impression finale : une photographie unique et irréversible. La tradition des Afghan Camera et d'autres caméras instantanées comme la Minutera espagnole représente un pont entre passé et présent, un fascinant voyage à la découverte des racines de la photographie et du charme immortel de l'image instantanée. Au-delà de l'aspect historique et technique, cette tradition nous apprend à apprécier la valeur du temps : la photographie instantanée nous oblige à ralentir, à réfléchir sur l'instant que nous voulons capturer, à vivre l'expérience avec une plus grande conscience, à cultiver la patience : l'attente du résultat final, qui n'est pas immédiat comme avec la photographie numérique, devient une partie intégrante du processus créatif, à gérer l'imprévisibilité : chaque photo est une aventure, une expérience irréversible où l'élément de surprise joue un rôle fondamental. L'art de la photographie instantanée n'est pas seulement une nostalgie d'un temps révolu, mais une philosophie de vie qui célèbre la beauté de l'imperfection, l'unicité de l'instant et la valeur inestimable de l'expérience.

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La petite maison se dressait sur une colline légèrement pentue, enveloppée d'un manteau de verdure luxuriante. Le toit à faible pente se fondait dans la nature environnante, tandis que les murs en bois blanc dégageaient une aura de simplicité et de chaleur. De la maison s'étendait un jardin intricaté, avec de petits sentiers de pierre qui se mêlaient à des arbres feuillus et à des fleurs aux couleurs vives. Un petit ruisseau coulait doucement, bercé par le vent qui caressait les feuilles et dansait entre les branches. La baie s'ouvrait en face de la maison, un miroir d'eau cristalline qui brillait sous le soleil. Une jetée de bois s'avançait dans l'eau, invitant à la contemplation de la mer, de ses secrets et de ses merveilles. Les montagnes à l'horizon semblaient embrasser la baie, créant une étreinte intime entre terre et mer. Au loin, un groupe de petits voiliers dansait sur les vagues, comme s'ils étaient des créatures vivantes qui se déplaçaient au rythme doux de la nature. L'atmosphère autour de la maison était imprégnée de tranquillité et de mystère, comme si en ce lieu la frontière entre le monde humain et le monde fantastique s'amincissait, laissant place à une réalité où la magie se mêlait à la vie quotidienne. Nous, deux rêveuses invétérées, arrivâmes fatiguées mais pleines d'idées, dans ce coin du monde, où nous trouvâmes une chambre lumineuse avec des fenêtres grandes ouvertes sur la mer qui captaient la lumière dorée du coucher de soleil. Avec une boîte en bois et de petits outils de laboratoire, nous assemblâmes une lanterne magique. Tout a commencé bien avant, j'ai toujours eu ce besoin de conserver les moments, et je me retrouve à traîner des cartons remplis de vie, souvent à alléger, d'autres fois à laisser au grenier, mais toujours à regarder comme dans le reflet de petites billes... conserver des souvenirs de nos voyages est resté une constante, des trésors d'époques passées, des souvenirs entremêlés d'âmes vagabondes, des papiers jaunis, des dessins délavés qui racontent des histoires de voyages, d'expériences et d'émotions vécues. Tant de photographies, délavées mais imprégnées de vie, montrent des paysages lointains et des visages inconnus capturés sur le vif. Il y a des négatifs, de fragiles fragments de mémoire prêts à redonner vie à des moments de joie, de tristesse ou de pure merveille. Les papiers, marqués par des annotations manuscrites, racontent de lieux exotiques, de rencontres fortuites et de rêves encore inachevés. Les dessins, certains esquissés avec un soin artistique, d'autres rapides croquis d'inspiration soudaine, représentent des visions personnelles de mondes imaginaires ou des détails minutieux de lieux réels. Chaque trait renferme un fragment d'âme et de passion. Il y a toujours cet objet récurrent, une boîte, qui accueille et renferme, comme un trésor d'un musée secret, un lieu où le passé et le présent s'entremêlent dans une mosaïque de souvenirs qui n'attendent qu'à être découverts et ramenés à la lumière. De cette baie en regardant la mer, il y a des fragments de cristal, des coquillages brillants et de fines tranches de pierres précieuses... un épine-vinette avec une perle, différentes nuances de couleurs, la beauté naturelle qui montre le passage du temps... Un soir, nous avons essayé de donner vie à une nouvelle création, la pièce s'est remplie d'images enchantées qui dansaient sur les murs. On entendait les voix imaginaires de créatures fantastiques et de voyages infinis, sur les murs des projections de lumière... c'est ainsi que nous avons décidé de construire notre propre lanterne magique. La rencontre survenue en Provence dans la ville d'Arles, a laissé dans mon esprit cet instant d'une photographie en noir et blanc qui flottait dans l'eau après être née de la magie des sels d'argent. Nous devions juste assembler les pièces, il y en avait beaucoup... du bois, des formes, de la peinture, de la colle, des poignées, des incrustations... et la beauté de construire quelque chose de ses propres mains, immergé dans la musique, avec un bon vin. C'est comme un rituale qui unit la créativité, le plaisir des sens et l'attente de ce qui viendra. Le temps passé a été une connexion spéciale, où chaque détail a pris vie sous nos mains tandis que la musique et le bon vin ajoutaient de la magie à l'atmosphère. Ces espoirs tissés dans chaque clou ou colle appliquée sont probablement devenus partie intégrante de cette boîte, la transformant en quelque chose de plus qu'un simple objet. Lorsque le travail est terminé et que la boîte est prête, elle contient non seulement des morceaux de bois bien assemblés, mais aussi un fragment de cette nuit inoubliable, chargée d'émotions et de perspectives lumineuses pour l'avenir.Nous allumâmes la lanterne en fermant les yeux. Les murs de la maison s'animaient d'un enchantement qui transformait l'intérieur en un diorama vivant du XIXe siècle. Les projections dansaient comme des valses d'une époque oubliée, un carrousel de mouvements et de couleurs racontant des histoires sans noms, c'étaient des voix, des sons, des grains de sable qui brillaient comme des perles. La lumière tamisée des projections recréait des atmosphères mystiques, comme des pétales de fleurs au vent, tandis que la musique emplissait l'air, unie au tourbillon de cette joie intemporelle. La pièce, avec ses murs animés, semblait être un portail magique menant à un monde d'émotions entrelacées, comme si le temps s'était arrêté pour donner vie à un spectacle enchanté juste là, entre ces murs accueillants. Nous étions propulsées dans le château ambulant de Howl, au-dessus des collines comme un mirage dans la brume. Plus la nuit passait, plus ces murs semblaient un kaléidoscope de couleurs, de reflets et de formes changeantes, comme s'ils étaient peints avec de la poussière d'étoiles. Tout arrive dans les rêves, des fenêtres s'ouvrant sur des paysages enchanteurs, des forêts enchantées et des villes palpitantes de vie. Nous nous retrouvâmes à l'aube sur la plage, pieds nus dans l'humidité du matin et avec une tisane chaude qui nous réchauffait les mains, comme pour nous réchauffer le cœur... en regardant l'arrivée de l'automne.Nous restâmes là, assises sur le sable, plongées dans les pensées qui dansaient entre la lanterne magique et l'essence de la photographie. Ce moment à l'aube, entre les vagues de la mer et les couleurs de l'automne, devint une nouvelle page de nos carnets de voyage, un souvenir qui continuerait d'illuminer notre chemin dans l'art et la beauté de la vie. Enchantées par la chambre noire, par l'incertitude qui accompagne les instants suspendus, nous voyageons avec une boîte en bois qui devient un appareil photo instantané, comme au début du XXe siècle, une valise en cuir, un carnet, des livres, un ordinateur portable, et équipée pour le développement. Nous errons pour découvrir des visages, des expressions, des cultures, dans les places des villes, des petits villages, entre les bourgs et les petits coins de mer, entre les festivals d'art et les marchés aux puces, réalisant des portraits, rigoureusement en noir et blanc, qui ont le goût et le charme des vieux et précieux albums de famille, un peu délavés par le temps. Une photographie « lente », d'attente, ce temps incertain, entre le déclenchement et le résultat final, c'est ce qui nous pousse à suivre cette passion et à en faire en même temps une profession. Au-delà de la rue, notre petit atelier, maison-studio, tapissé d'estampes, d'objets, d'histoires et d'autres œuvres d'art, d'objets de voyage, d'une bibliothèque d'illustrations et de livres d'art visuel, de poésie et de littérature. Jour après jour, heure après heure, instant après instant... nous cultivons le projet d'emmener notre chambre noire itinérante à travers le monde.


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