A Theo...
Antoine est la moustache relevée
Un'aura di pace e dolce mistero avvolgeva il piccolo atelier del Maestro, un luogo dove il tempo sembrava scorrere più lentamente tra l’odore di grano e di grappoli d’uva della vallata circostante, e quella dei bagni di sviluppo di decenni di immagini latenti che giacevano in quella cassaforte dorata. Temerarie, incuriosite della fama del saggio fotografo, varcammo la soglia con un misto di trepidazione e curiosità.Molti ci avevano parlato di lui, il caso più volte volle creare l’imprevisto, non riuscendo ad incontrarlo, ma in quest’occasione fu un caro amico, Sergio, un minutero toscano, il più toscano di tutti, a portarci da lui.
L'odore acre degli sviluppatori si mescolava a quello caldo della luce e delle scatole in legno, una, due, tre di diverse dimensioni. Dei grandi fondali facevano da sipario alla camera oscura, cavalletti, sedute e qualche faretto con il suo ombrellino. Il Maestro, con i suoi occhi pieni di vita e il sorriso gentile, ci accolse come se ci conoscesse da sempre, dicendoci che aveva poco tempo o almeno non tanto da soffermarsi per parlare di tutte quelle scatole. Il suo sorriso contraddiceva le premesse, era già immerso nella narrazione di quel tempo vissuto che non vedeva l’ora di essere condiviso. Mentre ci guidava attraverso la sua lanterna magica, mostrandoci strumenti antichi e macchine fotografiche artigianali, sentimmo una profonda connessione con lui. C'era qualcosa nel suo modo di parlare della fotografia, nel modo in cui descriveva la luce come un'entità viva, che ci toccò istintivamente nel profondo. Si esprimeva con la nostra stessa passione e delicata poesia, la stessa visione di intenti. Finimmo in breve a mettere le mani nell’acqua, sulla carta, sul legno, al buio a fare magie con la luce. Nessun segreto o inganno, come solo un Maestro sa fare ci regalò subito il suo sapere.
Qualche mese prima
Facciamo qualche passo indietro, ai nostri inizi, in quell’angolo incantevole di Arles dove nel rivedere un piccolo gioiellino di legno, ci facemmo ritrarre e rimanemmo avvolte da un incantesimo. E’ sempre l’estate che ritorna come momento, anche nel luglio scorso ci dipanavamo con la costruzione della prima camera istantanea. I primi confronti, le prime chiacchierate furono con Nicola, minutero di mare, conoscitore di camera oscura e dei piccoli segreti che in essa si assorbono. Sono stati vari i nostri incontri, uomo generoso e con una grande passione per l’arte della fotografia, sentì subito il nostro entusiasmo e soprattutto il nostro coraggio nell’immergerci in questa arte antica senza remore, spinta dalla poesia ancora prima che dallo scrivere di luce. Indimenticabili quei pomeriggi ad inseguirla, o meglio ancora, di Nicola che sorrideva ogni qualvolta volevamo ottenere un risultato semplicemente con il naso all’insù, per comprendere un tempo di posa come marinai che inseguono il vento. Ci regalò uno dei nostri primi ritratti, dandoci preziosi consigli, dinanzi un vecchio portone di una chiesa di Lucca. Da questa città, con la lentezza del tempo, ci furono i primi tentativi dei mesi successivi, diventando la nostra postazione del cuore, fino al nostro viaggio in Francia. Erano tanti gli imprevisti di percorso, la piccola minutera era al quanto instabile, la messa a fuoco spesso ballerina, una piccola ottica russa dalla resa poco morbida ci dava filo da torcere, non si poteva pretendere molto se non esercitarsi e imparare come se si scrivesse per la prima volta. Uno degli incontri più belli fu di certo quello nella bottega di Emilio, pittore di talento, dallo sguardo buono; ci aiutarono a mettere mani al cavalletto traballante di legno, e cambiammo l’ottica con un centocinquanta più luminoso, donataci da Emilio che oltre a dipingere con i colori, è anche uno scrittore di luce. Ci divertimmo con qualche ritratto, mangiammo del buon baccalà livornese e ci promettemmo di vederci ancora, tra una minutera e l’altra.
Un nuovo carosello
Antoine ha occhi profondi, e con essi a disegnare il suo ritratto, dei baffi con ricciolo all’insù. Finimmo subito a parlare e perderci nella terra francese, nella Ville Lumière e in tutti i fotogrammi fotografici di una vita vissuta e da vivere ancora. A voler preventivare quell’incontro non saremmo riuscite a renderlo quel che poi è stato, improvviso e autentico, dove con grande lusinga, ci ritrovammo a sentire parole di stima e di affetto, quell’affetto che nasce spinto da quella passione che si chiama photographie e che, come ogni forma di arte, ci unisce alle nuvole e alle stelle, creando incontri lungo la strada dei sognatori e delle sognatrici come noi. Gli incontri successivi si trasformarono in un vero e proprio apprendistato. Sotto la guida paziente del Maestro, imparammo i segreti dell'antica arte minutera. Si costruiva e si scriveva, ogni azione era accompagnata da lunghe conversazioni. C’eravamo lasciati per stilare la lista delle cose, legno, viti, vernici, pennelli, chiodini… ma al nostro secondo incontro avevamo già un giro di giostra in regalo, proprio così, quel piccolo atelier si era trasformato nella stanza dei balocchi, un carosello ai Sali d’argento stava per fare il suo girotondo. La fotografia non è solo catturare un'immagine, è molto di più e Antoine sapeva benissimo che tutto il suo sapere, frutto di anni di esperienza, avremmo potuto acquisirlo col tempo anche noi, necessaria era la radice, quell’entusiasmo e quel desiderio che in noi vedeva forte, per realizzare quel viaggio di scoperta e di luce. Ormai non c’era più scampo, le strade si erano incrociate, nella nostra fotografia c’era un nuovo incontro, dei tanti preziosi di anime belle fino ad oggi incrociate, che avrebbe dato forma ai questi nuovi giorni che ci ritrovavamo a disegnare, ad un anno della prima volta che mettemmo mano ad una minutera, ai primi pezzi assemblati nel caldo dell’estate, a quel primo istante ad Arles, ai primi momenti vissuti con stupore e gioia nel cuore della Loira all’Atelier dai vetri Blu, ai nostri primi taccuini dal titolo “l’errore fotografico” che per mesi sono stati il faro che conduceva all’ignoto, noi funambole su semi di follia.
I giorni a venire furono uno scambio di scritti, tutti volti a chiedere consigli, dirottare idee, ad impazienti domande nell’irrequietezza di attese risposte. Se fosse stato possibile in quei giorni caldissimi, non avremmo chiesto di sdraiarci su una spiaggia di un’isola deserta a bere granita fresca dondolate dal mare, avremmo chiesto piuttosto un cavalletto di legno, forte, dove poggiare la nuova scatola, pronta per poter inserire la mano come nel cilindro con il suo coniglio, e realizzare il primo ritratto. In un anno trascorso avevamo appuntato tutte le nostre necessità, scoperte per strada ad ogni incontro, ad ogni imperfezione custodita e resa motivo di bellezza e unicità. Si stava realizzando e come fluiva la settimana più calda di agosto, così prendeva forma la nostra nuova minutera… e pensare che lei, scatola magica, avrebbe creato il tutto, in poco meno di un minuto.
E’ notte, si aspetta domani con trepidazione, arriverà con il corriere, tra i pochi superstiti in città, una vecchia ottica fotografica Voigtlander che abbiamo cercato scrupolosamente e alla fine trovato a Torino. Dalla finestra sentiamo le voci dei bambini, qui c’è una festa, c’è ogni estate ed è dedicata ai più piccoli che per l’occasione mangiano zucchero filato e soffici biscotti di pasta frolla da tenere al collo come una collana. Io leggevo un libro che raccontava della Parigi di un tempo (accade ogni volta che preferisco saltare in quell’arco temporale che si trova solo nelle pagine di un vecchio libro…), sfuggendo al buio della realtà che vede cieli sporchi di sangue su anime innocenti in questa Europa mai esistita davvero. Felisia scrive e sorseggia uno dei nostri bianchi francesi, un Josmeyer… è notte.
Attendiamo l’alba.
La notifica sul cellulare anticipa lo scritto della mail: il pacco è in magazzino. Inizia un'altra settimana, fa ancora caldo, l’odore del caffè ha la forma di nuvole appena disegnate che escono dalla moka. Si è già pronte per non perdere nemmeno un’ora della giornata, ora che la luce e ancora viva fino a tarda sera. L’ottica la ritiriamo direttamente in magazzino, si guarda e si scopre che ahimè non è funzionate come dovrebbe, la situazione si fa complicata, si potrebbe tardare nel completare l’opera… si pensa a concludere il manicotto e la parte delle rifiniture, la vernice è stata messa, il colore della minutera è perfetto, toni di marrone in contrasto con i neri, ma quel che più ci lascia serene è vedere prender forma all’interno della scatola, tutti i consigli e gli appunti scritti per rendere ogni movimento, ogni gesto, privo di variabili che portano all’errore. Mesi e mesi di imprevisti si materializzano tutti in un momento, non sarà più in salita, questa volta potremmo goderci lo sguardo attraverso lo specchio, la carta che si immerge… tutto grazie a quest’energia che si è incontrata tra le colline toscane, nella stanza di Antoine, dove senza remore, ci ha donato consigli preziosi.
Trascorremmo anche questa giornata senza accorgercene, a costruire un altro tassello. Il tempo era cosi veloce intorno a quella minutera che prendeva vita, che il tramonto arrivò e neppure ce ne rendemmo conto, ma non eravamo stanche, e una pizza con una birra fresca fu l’ennesima scusa per continuare a raccontarci storie.
Seguirono appuntamenti dopo ogni alba, i girasoli riempivano immensi campi che facevano da cornice al percorso che facevamo di buon mattino per raggiungerlo. Il pensiero fisso, dolce ossessione, era la minutera, gli spazi da incastrare, i 550 cc, come estrapolare al meglio la carta, dimensione e resa. Avremmo dovuto vederci verso settembre, ci trovammo invece per un’intera settimana a non riuscire a farne a meno, come una calamita, la stessa della clessidra che scandiva il tempo.
Il giorno in cui la macchina fotografica fu finalmente completata fu un giorno di grande gioia. L'attesa sembrava interminabile, ci ritrovarono noi tre, con l’energia della natura trasformata in suoni e le note di Piaf ad inaugurare un nuovo viaggio. Antoine con una vita alle spalle piena di saggezza tra le mani, e noi con la voglia di portare avanti con un filo di bianco e uno di nero, quella fotografia magica e antica. In quel momento, capimmo che avevamo creato qualcosa di magico. Non solo una macchina fotografica, bensì un ponte. La relazione tra noi e il Maestro si era trasformata in una profonda amicizia. Eravamo in cerchio dinanzi la minutera, come un rito tribale, in silenzio, ci guardammo con occhi lucidi, come bambine e bambini nel loro girotondo, quel che seguì fu la voce di Antoine che esclamò “E’ pronta!” in un abbraccio di follia tutto frutto della più bella passione, la vita, il suo tempo, una fotografia.
Ci rincontravano spesso, nella piazza deserta di fine agosto, al caffè napoletano in vetro dell’unica pasticceria che ancora non aveva chiuso per ferie. Discutevamo di arte, di filosofia, di vita, dei viaggi in Bretagna, Antoine con il suo baffo all’insù, il sorriso sempre pieno di energia era diventato una figura paterna per noi, ogni scusa era quella giusta per chiamarlo e confidargli perplessità, gioie e dolori. I lunghi giorni di agosto passarono, ci fu un dono inaspettato in quell’estate che si trasformò in un nuovo inizio, e l’ultimo sigillo fu ancora qualcosa, che attraverso le sue mani sapienti passò a noi, un Tessar 210 da tenere sulla minutera, un vero classico della storia della fotografia. Lo provammo subito, ci mettemmo a giocare per qualche ora e ci demmo appuntamento per il prossimo giro di giostra, nella città toscana per eccellenza, Firenze. Saremo alla Fondazione Alinari, per scrivere ancora, disegnare contorni, custodire ricordi… provare a lasciare un verso di poesia, ma soprattutto saremo in qualsiasi luogo sia possibile posare il nostro cavalletto, poggiare la nostra minutera, e scrivere...
agosto 2024
racconto visivo