“𝘗𝘦𝘳 𝘥𝘦𝘤𝘰𝘭𝘰𝘯𝘪𝘻𝘻𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘷𝘪𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰 𝘦 𝘳𝘪𝘢𝘱𝘱𝘳𝘰𝘱𝘳𝘪𝘢𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘦𝘪 𝘴𝘶𝘰𝘪 𝘣𝘦𝘯𝘦𝘧𝘪𝘤𝘪, 𝘥𝘦𝘤𝘰𝘭𝘰𝘯𝘪𝘻𝘻𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘴𝘶𝘰 𝘪𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘢𝘳𝘪𝘰. 𝘋𝘪𝘴𝘵𝘪𝘯𝘨𝘶𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘷𝘦𝘳𝘰 𝘥𝘢𝘭 𝘧𝘢𝘭𝘴𝘰, 𝘭𝘦 𝘪𝘭𝘭𝘶𝘴𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘥𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘵à: 𝘶𝘯 𝘭𝘢𝘷𝘰𝘳𝘰 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘦𝘳𝘳𝘢𝘯𝘦𝘰, 𝘶𝘯𝘢 𝘨𝘦𝘰𝘨𝘳𝘢𝘧𝘪𝘢 𝘥𝘦𝘭𝘭'𝘢𝘴𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢”, 𝘤𝘩𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦 𝘪𝘯𝘦𝘷𝘪𝘵𝘢𝘣𝘪𝘭𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘥𝘢 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘦𝘴𝘢 𝘪𝘯 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘨𝘳𝘰𝘵𝘵𝘢 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘪𝘰𝘳𝘦 “𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘦 𝘤𝘪 𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘯𝘵𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘭𝘦 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘦 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘦 𝘪𝘴𝘱𝘪𝘳𝘢𝘵𝘦 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘵à, 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘳𝘪𝘯𝘦𝘨𝘰𝘻𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘮𝘢𝘯 𝘮𝘢𝘯𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘷𝘪𝘷𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘪𝘯𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘪 𝘦𝘥 𝘦𝘴𝘱𝘦𝘳𝘪𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘭’𝘈𝘭𝘵𝘳𝘰”, 𝘰 𝘮𝘢𝘯 𝘮𝘢𝘯𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘱𝘦𝘳𝘮𝘦𝘵𝘵𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢 𝘥𝘪 𝘴𝘶𝘨𝘨𝘦𝘳𝘪𝘳𝘤𝘦𝘯𝘦 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘦."
𝘓𝘶𝘤𝘪𝘦 𝘈𝘻𝘦𝘮𝘢
maria di pietro • felisiatoscano
Tutto accadeva in noi,
eppure era sempre complicato lasciarsi andare a quel desiderio di viaggio, libere, completamente libere. Così accade, ad ognuno in verità, che arriva il momento dove l’anima esplode e quel che rimane è uno spazio che attende di essere attraversato, senza remore e paure, con il coraggio di andare in frantumi e viversi. Il poeta persiano Omar Khayyàm disse “pensa di essere nulla, e libero vivi”. Siamo molto più del nulla se mai dimentichiamo di essere puntini di luce nascosta, piene del nostro essere in continuo mutamento, luce che si moltiplica in colori e ombre di esistenze che si frantumano e si ricostruiscono. Visibili e invisibili, ridisegniamo giorni all’infinito per assaporare, per ascoltare, per sentire i profumi e toccarli.
Tutto accadeva in noi,
prima e dall’attimo del nostro incontro, per poi decidere senza conoscere ne l’ora ne il luogo, di camminare insieme, senza compromessi, senza dipendere da un luogo, da un genere, da un ceto, da una cultura, di esplodere e frantumarci continuamente provando ad esistere. Più forte era la voglia di vivere in libertà. Abbiamo messo insieme le forze, nella solitaria consapevolezza di essere una prima che due, e provare ad inseguire le possibilità, esplorarle, dissolvendo i contorni e imparando a navigare a vista.
Tutto accadeva in noi,
dalle pagine di libri letti, da parole salvifiche di chi aveva avuto il coraggio di non fermarsi. Questo spazio in particolare nasce dopo esserci imbattute nelle parole di Lauren Elkin (attraverso un libro scritto da Lucie Azema, 𝘓𝘦𝘴 𝘧𝘦𝘮𝘮𝘦𝘴 𝘢𝘶𝘴𝘴𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘵 𝘥𝘶 𝘷𝘰𝘺𝘢𝘨𝘦. 𝘓'é𝘮𝘢𝘯𝘤𝘪𝘱𝘢𝘵𝘪𝘰𝘯 𝘱𝘢𝘳 𝘭𝘦 𝘥é𝘱𝘢𝘳𝘵, che ha sbaragliato in noi ogni perplessità del nostro bisogno di viaggiare), “Per essere ribelli, alle donne basta uscire dalla porta di casa? Il flâneur, il camminatore urbano, può essere solo un uomo? La sua libertà, che ha affascinato autori come Poe o Baudelaire, è declinabile solo al maschile? Lauren Helkin propone di parlare di flaneuserie per indicare la flaneur al femminile. Scopriamo La Flaneuse che, non è semplicemente un flaneur al femminile, bensì una figura a sé stante che dovrebbe essere presa in considerazione e a cui bisogna ispirarsi, donne libere alla ricerca di un altrove. La Flaneuse va dove non viene lasciata libera di andare, obbligando ad affrontare il modo in cui certe parole come casa e appartenere, sono usate contro le donne. In una società ancora patriarcale, Viaggiatrici e Avventuriere erano e sono, figure eccezionali e necessarie. Il viaggio è molto di più che uno spostamento di corpi, le donne hanno dovuto rompere catene, fuori e dentro, sfuggire all’educazione sessista che la società passata e presente ancora caldeggia.
Tutto accadeva in noi,
piccole donne dinanzi alle grandi che la storia ci racconta e, abbiamo sentito la necessità di una vita dove il viaggio non fosse una vita parallela, una vita in cui si parte e da cui si ritorna, ma la strada principale, anche se tortuosa e insita di incertezze. Solo in questo modo si può dare senso ai tormenti e alle gioie della vita spietatamente vera, non immaginata, sognata, ma riscattata e preferibilmente indiscutibile e assoluta.
Tutto accadeva in noi,
e non abbiamo acceso un fuoco per bruciarci, ma per bruciare le imposizioni e i divieti, poter andare senza impedimenti e permessi, stringendo una libertà che non andrebbe mai chiesta. Agli uomini sono stati sempre riservati l’avventura, lo spostamento, il mondo infinito. Alle donne la casa e il mondo finito. E’ accettabile? “Per secoli le donne sono state gli specchi magici e deliziosi in cui riflettere la figura dell’uomo raddoppiata” scriveva Virginia Woolf, questa misogenia ha sempre lo stesso obiettivo: “credere e far crede che la viaggiatrice non sarà mai all’altezza del viaggiatore. Lui è l’uno, lei è l’altro, questa dualità è alla base della narrazione del mondo. Se il maschile equivale al neutro, il suo corpo è quasi invisibile nello spazio pubblico (molte donne hanno scelto di travestirsi per accedere a questa neutralità e invisibilità per non essere prigioniere di nessun genere identità, libere di essere chi sono, di andare e di dormire dove vogliono). Le viaggiatrici travestite rendono evidente l’assurdità della differenziazione di genere e coì facendo, dimostrano che la sua unica funzione è quella di salvaguardare il sistema sociale patriarcale”. Non sappiamo quanto saremo capaci di narrazioni nuove, ma di certo proveremo a non essere complici di questo sistema. Benoite Groult affermava che “Bisogna guarire dall’essere donna. Non dall’essere nata donna, ma dall’essere stata cresciuta donna in un universo di uomini, dall’aver vissuto ogni tappa e ogni gesto della nostra vita con occhi degli uomini, ad ascoltare ciò che dicono a nome nostro o per il nostro bene…“. Questo nostro spazio desidera più che analizzare, interrogare. Lasciare scorrere i pensieri intimi del viaggio come luce improvvisa, fotografia di sentimenti. L’antropologa Nastassja Martin spiega che sul campo utilizzava due taccuini diversi per le annotazioni, uno diurno e uno notturno, “espressione della dualità che mi tormenta”, interiorità ed esteriorità. Per secoli il vissuto delle donne, la letteratura di viaggio cosiddetta classica ha creato un vero e proprio angolo morto nel racconto del mondo. Vogliamo provare a contribuire a riappropriarci di questi racconti, nessun altro deve farlo se non noi stesse, per noi stesse, non attendere più Ulisse, ma viaggiare con lui o senza, non accontentarci dell’ora del tè sognando il paese delle meraviglie, ma crearlo e non farci spiegare le cose. Nel suo libro, Lucie Azema afferma: “Per giustificare il sistema patriarcale, la maschilità dominante elabora degli stereotipi con l’obiettivo di razionalizzare un sistema ideologico sostanzialmente artificiale. La divisione sessuale è una necessità politica volta a sostenere il sistema sociale patriarcale dominante e porta alla trasformazione della storia in natura, dell’arbitrio culturale in qualcosa di naturale. La donna ha dovuto liberarsi profondamente dei doveri ai quali era stata rilegata”. Vogliamo goderci lo spazio pubblico “in maniera disinteressata, di fermarsi per leggere, sognare, osservare l’arrivo della primavera, degli uccelli o degli insetti, con i vestiti e alla velocità più congeniale, libertà di bazzicare nei caffè… senza mai essere molestata”. La flanerie, i momenti tanto amati da Virgina Woolf, passeggiate che appartengono alla sfera del sogno, del viaggio e della libertà intransigente. Libertà di andare e venire, una flanerie che non sia un privilegio maschile, “La flaunese va laddove non dovrebbe andare, è una provocatrice, e se le succede qualcosa se la sarà cercata. Il flaneur, invece, è un sognatore, un artista, un epicureo”. Noi vorremmo appartenerci, attraversare, come si fa nelle pagine di un libro… Marguerite Duras diceva “la solitudine non si trova si fa”, viaggiare permette di fare questa solitudine, con sè stessi per essere insieme. Ogni viaggio sarà accompagnato dalla lettura perché viaggio e lettura sono due attività intrinsecamente legate: la letteratura ci fa accedere ai luoghi ed esistenze parallele, esattamente come il viaggio e, viaggiare permette di soddisfare le condizioni favorevoli alla lettura. Il viaggio è un modo per riuscire a comprendere e viceversa, i libri permettono di capire e descrivere ciò che si vede in viaggio. Inoltre, i libri sono finestre supplementari che si costruiscono in una casa, passaggi segreti per accedere ad altri mondi. Proveremo a partire sempre da questo, in un mondo invaso di immagini e parole, privo di silenzi dell’arte, non vogliamo assomigliare a quella parte infernale dei social virtuali volti solo ad apparire su un palcoscenico di messinscena dell’esperienza del viaggio. Siamo sature dell’immaginario collettivo dell’altrove, la ricerca costante di approvazione indotta dal sistema, dove tutto deve essere bello e mai bellezza. Nessuna donna dovrebbe sentirsi incapace di viaggiare, perché non abbastanza sveglie, giovani, belle, influencer.
Tutto accadeva in noi,
come ci ha insegnato Virginia Woolf, accedendo alla stanza tutta per sé, attraverso il viaggio e la solitudine riappropriarci non solo del fuori ma anche del dentro, “perché esso genera un andirivieni dell’uno verso l’altro e lega questi due spazi fino a confonderlo e formarne uno solo: il territorio intimo della viaggiatrice. Il viaggio in maniera totalmente soggettiva è quello che si apre su un susseguirsi di stanze tutte per sé”. La precarietà di un mondo che ci vuole prigioniere di paure e catene, deve essere spazio dove riprendere il proprio posto, Sognare è quindi vedere“. Il sognare e il viaggiare permettono di riconnettersi con le emozioni selvagge, con un desiderio primitivo, arcaico e realizzare le intuizioni nate durante l’infanzia, nelle profondità non addomesticate che ci abitano portandoci aldilà di ciò che avremmo mai immaginato. Poco importa il genere, il ceto, l’origine etnica o geografica, tutto si confonde: viaggiare è far spazio all’unica potenza selvaggia che abita i meandri del nostro fogliame intimo”. Le parole che vorremmo portare con noi sono: desiderio, per riprendere il posto che l’educazione sessista ha sottratto. Abbandono: lasciarsi andare, seguire l’istinto, potente e implacabile, e in questo modo scoprire una nuova parte di sé, “s-catenata”. E da qui Abitare i mondi, proprio come senza nessuna negazione, facilmente è stato possibile agli uomini. Viaggiare in cerchio, praticare l’umiltà e la gentilezza “mettere l’io nel noi, il diverso nell’ordinario, non avere più né inizio né fine… creare un rapporto da pari a pari col il mondo, un’armonia condivisa, un equilibrio tra l’essere umano e la natura, tra l’essere umano e il resto delle creature viventi, in una logica di coabitazione, di coevoluzione”.
Tutto accadeva in noi,
quando ci siamo rese conto di quanto grande è il prezzo per provare ad essere tutto ciò, Simone de Beauvoir ha dimostrato che, nella società, la donna “paga la sua libertà con un’abdicazione” è il prezzo che le è imposto per diventare adulta. Che si può e si deve decentrare lo sguardo, dopo aver sentito di appartenere a questo mondo, e aver ripreso il proprio posto, non in quanto secondo sesso, ma come membro del genere umano, decentrare lo sguardo e offrire anche alla moltitudine che ci circonda il suo vero posto. Viaggiamo, non siamo solo turisti, non consumiamo lo sguardo, non alieniamo il nostro rapporto con la natura e con l’universo. Abbiamo smesso di chiederci se è possibile, vorremmo apprezzare il ritmo delle stagioni e mutare con esse. Essere squarci di luce che appaiono. Citando ancora Lucie Azema “Attraverso lo sguardo su ciò che le sta attorno, la donna celebra la vita in tutte le sue forme, e il viaggio diventa un’esperienza del sensibile e non più conquista o consumo. Imparare a farsi afferrare da ciò che sta attorno è possibile solo se la viaggiatrice si è precedentemente emancipata e ha acquistato consapevolezza e controllo in sé e per sé. Faccia a faccia con l’universo, al suo posto debitamente riconquistato, la viaggiatrice non ha più niente da dimostrare. Tutta l’emozione e la potenza dei luoghi, la gioia, la tristezza o la paura contenute in questi spazi, tutto prorompe: è il momento di salpare.”
Noi crediamo di essere pronte, e tu?
Chi siamo?
Pèrdere deriva dal latino per (oltre, al di là) e dare (dare), il connubio che si evince dall’etimologia di questa parola è ciò che è insito nella nostra filosofia di viaggiatrici. Ci perdiamo ogni volta che partiamo e allo stesso tempo diamo a noi stesse la possibilità di arricchirci, di scoprire e condividere quanto accade sulla strada che percorriamo viaggio, dopo viaggio.
Maria è (dovendo utilizzare parole professionali) un’artista, una fotografa, una giornalista, una direttrice artistica, una copywriter, cerca bellezza e giustizia, non sente ragioni… una fotografia, due, tre… infinite. Le sue immagini sono colme di spiritualità, poesia, sentimento, ispirazione alla letteratura, al cinema, alla musica e all’arte in ogni sua forma. Nei suoi racconti di viaggio troviamo l’amore, la cura e la ricerca costante di poesia che è sempre accompagnata dalla voglia di conoscenza, dalla consapevolezza di non sapere mai abbastanza, “incanto e disperazione”.
Felisia è (dovendo utilizzare parole professionali) una communication manager, una giornalista, una social media manager, una digital strategist, una web content creator, adora pianificare chilometri e chilometri di viaggio, creare itinerari, scandire tappe e vivere emozioni nell’incontro con altre culture, vicine o lontane. Una perfezionista, mette in ordine anche i cocci più piccoli, fino a perdere le forze e poi? Non si arrende, ricomincia, c’è bisogno del disordine perchè tutto sia in ordine.
Non dovrebbe finire mai (perchè solo le viaggiatrici e i viaggiatori finiscono, non il viaggio - José Saramago) nasce dall’incontro di due anime vaganti, una più inquieta, l’altra crede di esserlo meno, che hanno deciso di mettere nero su bianco tutto quello che i loro occhi cercano e poi trovano, tutto ciò che infrangono per ricomporre nuovamente.
Non dovrebbe finire mai è un progetto editoriale di arte e di viaggio, non vuole essere un blog da riempire fine a sè stesso, non una guida turistica.
E' qualcosa che accade, per se stesse, per poi condividerlo.
Noi, in due, flaneuse alla deriva.
...con una minutera, un taccuino e una reflex, per scrivere e raccontare storie infinite.
*𝘤𝘰𝘯 𝘦𝘴𝘵𝘳𝘢𝘵𝘵𝘪 𝘥𝘢 𝘓𝘦𝘴 𝘧𝘦𝘮𝘮𝘦𝘴 𝘢𝘶𝘴𝘴𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘵 𝘥𝘶 𝘷𝘰𝘺𝘢𝘨𝘦. 𝘓'é𝘮𝘢𝘯𝘤𝘪𝘱𝘢𝘵𝘪𝘰𝘯 𝘱𝘢𝘳 𝘭𝘦 𝘥é𝘱𝘢𝘳𝘵
𝘍𝘭𝘢𝘮𝘮𝘢𝘳𝘪𝘯, 𝘗𝘢𝘳𝘪𝘴 2021 - 𝘌𝘥𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘛𝘭𝘰𝘯 2022
Viaggi d'arte e d'essai
Autrici di viaggio, Travel Designer: dall’ascolto, dai nostri desideri, dal nostro approccio alla vita attraverso il viaggio, ci siamo create ramificazioni lavorative, ogni ramo una possibilità. Partendo dalla nostra idea di viaggio esperienziale sviluppiamo la costruzione dello stesso unendo varie competenze. Nessun viaggio sensazionalista da catalogo, nulla di preconfezionato, ma condividere e mettere a disposizione la nostra esperienza di viaggi e semplicemente ispirarti, così come è accaduto a noi attraverso la letteratura, la poesia, la geografia, l’arte, allo stesso modo ti aiuteremo a organizzare il tuo viaggio, con le nostre competenze e conoscenze dei territori esplorati, o decidere di partire con noi.
Travel designer in pratica : bisogna avvicinarsi alle cose e alle persone per conoscere almeno un loro piccolo atomo di moltitudini. Sulla base della conoscenza, itinerante, sfiorata, approfondita, di terre e della sua umanità, realizziamo per singoli o gruppi, itinerari di viaggio da vivere insieme o per conto proprio.
Travel Designer: non significa agente di viaggio, nè un Tour Operator, sottolineatura che non sminuisce queste due figure, bensì ne sottolinea la differenza, poiché abbraccia una filosofia di viaggio diversa, quella di essere una viaggiatrice o un viaggiatore predisposta/o all'ascolto, alla tolleranza, all'incontro, che conosce la letteratura di viaggio e i suoi racconti, le motivazioni e i processi del viaggiare. Bisogna conoscere bene la logistica e le dinamiche di un Paese, e proprio sulla base di questa esperienza diretta, si può essere in grado di realizzare, per altri, un itinerario completo. Noi siamo viaggiatrici, ma anche professioniste, questo connubio ci permette di fornire qualcosa di dettagliato ed esclusivo, collaborare con altri professionisti del settore, occuparci della progettazione e stesura del vostro viaggio, mai perfetto, sempre unico.
Clicca qui Open link
felisia.toscano@gmail.comprivacy
Napoli Firenze Parigi